L’incanto delle Alpe di Siusi…

L’emozione si siede già accanto a te nell’istante stesso in cui prendi posto nella cabinovia che da Siusi ti conduce, in circa 20 minuti, sull’Altopiano.

A valle sei già a quota 1000 e sai che arriverai fino a quasi 1900 metri, eppure non riesci nemmeno ad immaginare cosa ti aspetta in cima, dove si estende l’altopiano più grande d’Europa: 56 chilometri quadrati.

Nella cabinovia… (foto di Lorenza Fiorilli)
Il tratto che percorreremo…(foto di Lorenza Fiorilli)

 

E mentre t’incanti nel guardare il panorama che inizia lentamente ad abbracciarti,  vedi gli altri che passano dal lato opposto al tuo e li saluti, quasi come li conoscessi da tempo, da sempre, perché il condividere emozioni così forti ti fa sentire parte di un tutto.

Si diventa “amici” nel percorso e si saluta chi è dal  lato opposto al nostro…(foto di Lorenza Fiorilli)

Arrivare alle Alpe di Siusi è giungere in una dimensione che sta tra l’onirico e il surreale, perché sembra di essere protagonisti di un sogno e parte di un paesaggio che credevi esistesse solo nella favole.

La terrazza panoramica che ti dà il benvenuto, appena scesi dalla cabinovia (foto di Lorenza Fiorilli)

Appena scesi dalla cabinovia che quasi ti aspetti che da un momento all’altro sbuchi fuori il coniglio di Alice( la bambina del Paese delle Meraviglie)  e ti chieda di seguirlo…e tu gli dici di sì, lo segui quel coniglio immaginario, tanta è la magia che avvolge tutto il paesaggio circostante.

Lo spettacolo delle Dolomiti (foto di Lorenza Fiorilli)

E mentre ti incammini sui sentieri, non puoi fare a meno di pensare ad Heidi, la famosa protagonista dell’omonimo cartone animato…lei viveva con il nonno sulle Alpi svizzere e qui siamo in provincia di Bolzano, nella cornice dolomitica, ma le montagne si somigliano e quando ti entrano dentro non conoscono confini.

Allora comprendi così facilmente il motivo per cui la piccola Heidi piangeva a Francoforte, lontana dal nonno, dalle sue montagne, dai prati che si perdono a vista d’occhio, proprio come avviene alle Alpe di Suisi. Cartelli in legno  ti indicano i vari sentieri nei quali ti puoi addentrare, mentre baite sono sparse qua a là per poter rifocillarti.

L’aria è cristallina, non si sente altro che l’odore dell’erba e non  c’è altro suono che il fruscio del vento.

Prendiamo il sole su una sdraio, ma non riusciamo a tenere gli occhi chiusi  davanti a tanta bellezza del panorama dolomitico.

Il cielo che sembra spennellato da un pittore…(foto di Lorenza Fiorilli)

E quando vai via, non vorresti farlo e quel coniglio che credevi di aver incontrato, appena scesi dalla cabinovia,  sembra ti voglia trattenere… saliamo, alla fine, sulla cabinovia e ci voltiamo indietro fino a quando dietro di noi quell’alpeggio sconfinato scompare dalla vista,  pur se resterà per sempre impresso negli occhi, nell’anima, nel cuore…

Si sta per scendere a Siusi…(foto di Lorenza Fiorilli)

Alessandra Fiorilli

Quando i profumi erano formaggi….

 

Si lo so, è un titolo assai curioso questo.. ma lo capirete se leggerete fino in fondo il mio articolo…

Ormai basta andare in pizzeria e notiamo bambini piccoli, che ancora non sanno parlare e camminare, che guardano video sullo smartphone dei genitori; nelle case ci sono fratelli che discutono per chi ha la precedenza a gareggiare con l’ultimo gioco della playstation; adolescenti che fanno a gara per scaricare l’ultima app da internet…

Tutti questi passatempi e giochi sono passivi: danno ai bambini e ai ragazzi già delle istruzioni sul come si vince, su come accumulare punti, su come sconfigge l’avversario.. Non sono i bambini i veri protagonisti, non tirano fuori le loro emozioni e la loro fantasia, non hanno modo di stimolare la loro creatività perché non creano loro il gioco, ma lo subiscono.

L’uso sempre più massiccio della tecnologia ha tolto molte cose ai ragazzi, e prima tra tutte, proprio la loro fantasia e creatività. Esse, invece, sono essenziali per il corretto sviluppo psichico del bambino, per il suo sviluppo cognitivo ed emotivo. Attraverso il gioco i bambini esprimono loro stessi, i loro desideri e le loro paure; mettono in atto, sotto un’altra forma, gli episodi che hanno vissuto nell’arco della giornata. Non a caso, l’osservazione di quali giochi adopera il bambino e di come li usa, viene impiegata dagli psicologi per capire se egli sta attraversando un periodo problematico o se soffra di qualche disturbo in particolare.

Una simpatica ed altamente esemplificativa foto scattata da Lorenza Fiorilli

 

Ma questo può avvenire solo se i bambini si comportano come tali, e cioè se ritornano a colorare, scarabocchiare, modellare pupazzetti con il pongo, costruire case e macchinine con i mattoncini colorati, disegnare faccine sui sassolini e formare una famiglia di sassi…

E’ vero, non si può tornare indietro, ormai i giochi tecnologici hanno preso il sopravvento; i ragazzi sono abituati ad avere tutto e subito, ma se i genitori e le insegnanti della scuola d’infanzia riusciranno a far amare di nuovo ai bambini la semplicità e riusciranno a far capire loro la bellezza di costruire e improvvisare una situazione di gioco, forse non tutto sarà perduto…

Io e mia sorella abbiamo avuto la fortuna di vivere la nostra infanzia qualche decennio fa, quando ancora nello zainetto dell’asilo non avevamo l’ultimo modello di cellulare ma il nostro peluche preferito; quando all’ora di pranzo non stavamo ognuno con la testa china sui tablet ma si mangiava e si parlava tutti insieme; quando, nonostante i nostri genitori non ci hanno fatto mancare mai nulla, giocattoli compresi, noi due preferivamo giocare con la nostra fantasia..

Si, ne avevamo tanta io e mia sorella; anche se lei è più grande di me di quasi sette anni, non l’abbiamo mai sentita questa differenza. Noi, che trasformavamo con la nostra creatività oggetti comuni in altri impensabili.. Come quando, a turno la mia o la sua cameretta, si trasformava in un negozio di formaggi che erano per noi due le bottiglie vuote di profumo di mia madre o della mia nonna materna (ecco qui spiegato il titolo del mio articolo!!). Chiedevamo a loro di non buttare le bottiglie perché noi le avremmo usate in un altro modo; quelle con una forma triangolare li facevamo diventare pezzi di parmigiano, quelle un po più “bombate” delle mozzarelle, e così via.. E a turno una di noi impersonava la cliente e un’altra la commessa del negozio..

E questo è solo un esempio di come ci divertivamo a creare noi la situazione di gioco e di quanto abbiamo usato la nostra fantasia; ma su questo potrei scrivere un altro articolo!!

Spero di non avervi annoiato, ma, al contrario, di aver suscitato in voi il desiderio di insegnare ai vostri figli o nipoti quanto sia più divertente giocare con delle bottiglie vuote piuttosto che uccidere mostri con il cellulare…

Lorenza Fiorilli

 

 

Nella ragnatela della violenza psicologica

Oggi tratterò un tema così importante, vasto e delicato che, ovviamente, non si può esaurire in poche battute: la violenza psicologica.  Cercherò, comunque, di considerare i punti salienti: In cosa consiste realmente?  Quali conseguenze può portare?  E come riprendere in mano la propria vita?

Per violenza psicologica o violenza emotiva, si intende una serie di maltrattamenti, di abusi dell’anima che possono essere messi in atto da qualunque persona verso qualunque altra persona, ma nella maggior parte dei casi, si attuano da un uomo verso una donna, come ne sono testimoni gli ultimi casi di cronaca. Essa è una forma subdola di violenza perché non ci sono cicatrici evidenti, come nel caso della violenza fisica, e che può portare gravi conseguenze a chi ne è vittima.

Foto di Lorenza Fiorilli

 

Essa si manifesta con comportamenti di svalutazione e di denigrazione, con parole di umiliazioni e critiche continue che possono riguardare il proprio abbigliamento, il proprio modo di comportarsi, le persone che si frequentano; nel caso particolare di un rapporto di coppia queste critiche possono riguardare il modo di cucinare o di pulire casa, o la maniera in cui si educano i figli. Gli uomini che mettono in atto questo genere di violenza sono spesso anche molto gelosi e possessivi, e tendono ad isolare la donna che ne è vittima dalle proprie amicizie e familiari. Queste persone hanno anche la tendenza a sminuire i problemi della partner e ad ingigantire i propri, passando loro come vittime e, spesso, facendo sentire in colpa la propria compagna, che, secondo loro, non si occupa abbastanza, o in maniera “giusta”, di loro.

Ecco, il senso di colpa è uno delle tante conseguenze che può portare questo tipo di abuso: la donna si interroga su quali siano i suoi comportamenti “sbagliati” e crede, effettivamente, che siano state le proprie azioni o le proprie parole a far sì che il proprio compagno non sia soddisfatto di lei. I sensi di colpa generano un senso di inadeguatezza e portano ad un’altra conseguenza della violenza psicologica: la perdita di autostima. La vittima dei maltrattamenti perde, poco alla volta, stima e sicurezza in se stessa, fiducia nelle proprie capacità, e, nei casi più gravi, dubita dei suoi stessi pensieri. In questo caso la vittima dei maltrattamenti non è più sicura neanche della sua percezione e dei suoi ricordi: questa grave forma di manipolazione mentale viene detta gaslighting e porta la persona a sentirsi confusa e, spesso, a diventare dipendente dal manipolatore.

Se, fortunatamente, si riesce ad uscire da queste relazioni non sane, le conseguenze ci saranno comunque: chi è stata vittima di violenza psicologica porterà con sé le cicatrici invisibili, il senso di inadeguatezza, la bassa autostima, la consapevolezza di non essere stata in grado di far fronte alla cattiveria dell’altra persona e lo sconcerto che un uomo che diceva di amarla l’ha ridotta all’ombra di se stessa. Spesso ci sono anche conseguenze sul piano fisico come insonnia, attacchi di ansia, disturbi psicosomatici e depressione; ovviamente tutto ciò dipende dalla gravità della violenza e dalla sua durata.

Non è facile rialzarsi e continuare come se niente fosse successo: bisogna attingere a tutta la forza che non si crede più di avere, bisogna perdonare e perdonarsi, non rimuginare più sul come e perché è accaduto; è essenziale, inoltre, circondarsi di persone che ci vogliano bene e che sappiano ridare, poco alla volta, sicurezza e stima di sé. Ma la cosa più importante è che la persona che ha subito gli abusi, ricominci ad amare se stessa, e a credere di nuovo nei propri ideali e nei propri valori, che sono stati gettati nel fango dal manipolatore, in modo che la vittima non li ritrovasse più…

Lorenza Fiorilli

Pronti a colorare…?

Vi ricordate quando da bambini non vedevate l’ora di disegnare e come eravate felici quando vi regalavano un album da colorare?

Crescendo, ovviamente, si fanno altre cose, si sposta la propria attenzione su altre attività, più “idonee” agli adulti. Ma chi l’ha detto? Chi ha deciso quali sono le cose da fare da piccoli e quali le cose da fare da grandi? Personalmente questa distinzione non l’ho mai fatta, ho sempre continuato a fare le cose che mi rilassavano e che mi davano, anche per pochi minuti, gioia, e tra queste, colorare.

Si, avete letto bene: colorare.

Album, matite colorate e pennarelli fotografati da Lorenza Fiorilli

Cosa? Anche gli album che vendono in edicola; si, proprio quelle con i personaggi dell’ultimo cartone della Disney. Ho sempre difeso questo mio piccolo “antistress”, anche quando i miei amici mi guardavano in modo strano e non riuscivano a capirmi (veramente anche ora..) ma non gli ho mai dato importanza.

La maggior parte di noi ha un hobby, un’attività che pratica per svagarsi; c’è chi fa giardinaggio, chi gioca a calcetto, chi fa lavori a maglia, e chi si dedica all’arte: dipingere, lavorare la creta, disegnare e… colorare. Che differenza c’è tra colorare una tela o un libro per bambini? Nessuna. Anzi, no.. Una c’è..  E’ che ci sentiamo stupidi, infantili; o, meglio, gli altri ci fanno sentire così.

Eppure è scientificamente provato che colorare fa rilassare e fa divagare e diverse ricerche hanno dimostrato che colorare fa ridurre lo stress e suscita una sensazione di calma. Quando coloriamo siamo concentrati solo sulle figure, su come abbinare i colori, sullo stare attenti a non andare fuori dai bordi, e durante quei pochi minuti lasciamo fuori i nostri problemi e le nostre preoccupazioni.

Quando coloriamo riusciamo anche a capire meglio le nostre emozioni e il nostro umore: dai colori che usiamo, infatti, si può capire molto del nostro vissuto interiore in quel momento. Per accorgersene   basta provare a colorare uno stesso disegno in due momenti diversi: uno quando ci si sente sereni e un altro quando ci si sente arrabbiati o tristi e poi confrontarli tra loro.

Quando coloriamo, inoltre, si attivano varie aree del nostro cervello, sia l’emisfero sinistro che quello destro; lavorano contemporaneamente la logica, la creatività e l’immaginazione.

Ormai in molti Paesi, inclusa l’Italia, sono stati pubblicati degli album da colorare destinati agli adulti, i cosiddetti colouring books (come li chiamano gli inglesi) e se fate un giro in edicola ve ne accorgerete. In alcuni paesi europei alcuni di questi sono diventati dei veri e propri best sellers; in particolare, va di moda colorare i mandala (disegni circolari con vari motivi geometrici) e molti di questi si possono scaricare e stampare anche da internet.

Ovviamente, affinché colorare abbia l’effetto sperato, si deve stare tranquilli in un luogo senza confusione e chi lo desidera, può farlo anche ascoltando la sua musica preferita.

Vi invito a provare, magari iniziando a colorare insieme a vostro figlio o nipote, e poi potete continuare da soli. Forse qualcuno si sentirà sciocco, altri lo troveranno noioso, ma altri potranno scoprire una nuova tecnica antistress!

Ora vi saluto.. Scusate, ma mi è venuta voglia di prendere i colori in mano…

Lorenza Fiorilli

 

 

 

 

Empatia, questa sconosciuta…

Foto di Lorenza Fiorilli

L’altra mattina ho visto un cagnolino abbandonato in un cortile di una palazzina.. Certo, potevo pensare che si fosse perso, ma quello che mi ha fatto capire che qualcuno lo avesse abbandonato, dimenticato, ignorato sono stati i suoi occhi tristi ed il suo atteggiamento: era lì, sotto la pioggia, al vento, a guardare fisso in un punto, fermo allo stesso luogo ad aspettare invano che quello che considerava il suo amico tornasse a prenderlo..

E allora ho pensato che se quella persona avesse avuto (oltre ad un cuore, un’anima e una coscienza) un po di empatia, quel cagnolino non stava soffrendo in quel modo..

Empatia, questa sconosciuta, mi verrebbe da dire.. Ma cos’è? E’ la capacità di mettersi nei panni degli altri, persone o animali che siano, di provare le loro stesse emozioni e sensazioni, di immedesimarsi nei loro stati d’animo, di gioire e di soffrire come gioirebbe e soffrirebbe l’altro.

Se ognuno di noi si sforzasse a provare un po di empatia, sono sicura che non ci sarebbero guerre, non ci sarebbero i bulli che umiliano i compagni di classe, non ci sarebbero animali abbandonati, non ci sarebbero i senza tetto che muoiono di freddo su un marciapiede.

Ci sono persone che riescono ad avere questa capacità, che la sentono innata; per loro è naturale immedesimarsi negli altri e nei loro sentimenti. Per altri è più difficile, per altri ancora, impossibile.

Ma da cosa dipende? Diverse ricerche hanno scoperto che nel cervello ci sono dei particolari neuroni che si attivano sia quando una persona compie una particolare azione, sia quando la  persona osserva quella stessa azione svolta da altri; per questo motivo, tali neuroni sono stati denominati neuroni specchio. Questo tipo di neuroni, svolgerebbero, quindi, una funzione importante nella percezione e nella comprensione del comportamento altrui.

L’empatia potrebbe anche essere “insegnata”; sarebbe necessario, fin da piccoli, attuare dei metodi, delle tecniche che facilitino e migliorino la comprensione dei sentimenti di chi ci sta vicino e che, quindi, porterebbero ognuno a mettersi nei panni dell’altro.

Ma al di là dei termini scientifici e delle ricerche di neuropsicologia, sarebbe così semplice, per vivere e far vivere meglio, attenersi ad un antico detto: Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Ebbene, nessun adolescente vorrebbe essere deriso dai propri compagni di classe, nessun uomo vorrebbe essere pestato a sangue perché dorme per strada, nessuna persona vorrebbe essere trattata con aggressività, nessun essere vivente vorrebbe essere abbandonato dalla persona che ama e dalla quale era sicuro essere amato a sua volta..

Ho dato una carezza a quel batuffolo di pelo, gli ho dato da mangiare, così come fa da diversi giorni una signora che abita in quella palazzina, e che ora l’ha preso con sé, ma lui vuole rimanere lì, ad aspettare e a sperare..

Ecco, se quella persona che lo aveva con sé avesse avuto un briciolo di empatia, ora quel cagnolino starebbe scodinzolando felice in quella che considerava la sua casa…

Lorenza Fiorilli

 

 

 

 

Lorenza Fiorilli: curatrice della rubrica di Psicologia per la rivista EmozionAmici

 

Questa sera vi presento un’altra collaboratrice del mio giornale EmozionAmici: la Psicologa Lorenza Fiorilli. Certo…il cognome svela una certa parentela con la sottoscritta…infatti è mia sorella.

Lorenza Fiorilli, Psicologa

Sulla rivista curerà una rubrica di psicologia dove si parlerà degli aspetti della vita di tutti i giorni e delle  interazioni che ciascuno di noi, quotidianamente, stabilisce con l’ambiente circostante.

“Già dall’età di sette anni avevo già chiari quali studi accademici avrei intrapreso: non ho mai avuto dubbi sul fatto di voler diventare Psicologa ed ho cominciato a divorare libri in materia ”, dichiara Lorenza che si laurea in Psicologia presso l’Università di Roma La Sapienza e supera l’Esame di Stato che le consente l’iscrizione all’Albo dell’Ordine Nazionale degli Psicologi.

Le altre passioni di Lorenza: gli animali e la fotografia: “Sono iscritta alla LAV e sin da piccola ho avuto uno spiccato senso di protezione per tutti gli essere viventi. Ovviamente sono vegetariana e sostengo  le campagne della Lega Antivivisezione”.

Con la sua reflex, invece, raccoglie scorci della nostra Italia: “Ma anche tramonti dal nostro terrazzo, come quella foto, da me scattata all’età di 17 anni  che è stata pubblicata sulla rivista “Cosmopolitan” dopo essere stata scelta dal famoso fotografo Angelo Tondini”.

Nel 2008 apre, insieme alla sottoscritta, il Centro di Tutoring Scolastico e Professionale “Atena”  e diventa Segretario dell’Associazione Culturale “Araba Fenice”, da me fondata. Ha preso parte a tutte le rassegne teatrali della suddetta associazione e ha curato  la prefazione di due mie raccolte di storie per bambini “I racconti di Mila  e Pila” e “Mila, Pila e le lettere dell’Alfabeto” di cui la sottoscritta è autrice. Il  ricavato delle vendite dei due libri è andato in beneficenza all’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma.

Ha curato una rubrica per il periodico “BCC Nettuno Informa” dal 2009 al 2017.

La passione per la fotografia si è altresì concretizzata in un reportage di scatti che hanno corredato il libro “Dalle vette innevate alle profondità marine: l’Arma dei Carabinieri nei quattro elementi naturali”da me scritto in collaborazione  con il Comando Generale dell’Arma.

Attualmente sta conseguendo un Master in Psicologia Scolastica  e da domani troverete la sua rubrica sul sito della rivista e sulla pagina Facebook  ad essa collegata.

Alessandra Fiorilli