…e uno spiraglio di luce ci abbaglierà…

Era questo che volevi insegnarci, coronavirus, o per chiamarti con il tuo nome proprio, Covid-19?

Volevi farci scoprire l’inutilità delle nostre superflue lamentele sugli obblighi, sempre gli stessi, della nostra vita quotidiana?

Volevi dirci che quello che appariva ai nostri occhi come la “solita routine”, era in realtà, VITA, da vivere e da condividere?

Volevi farci riflettere su come anche le azioni più banali, che compivamo quasi inavvertitamente, come sederci in macchina, andare a fare la spesa, vederci con gli amici per un caffè al bar o invitarli a casa per una cena, erano dei momenti preziosi, che avremmo rimpianto, un giorno non troppo lontano?

Volevi insegnarci il valore e la bellezza di un ABBRACCIO, di un BACIO sulla guancia, di una stretta di mano?

Volevi farci comprendere che non esiste nella vita la cosa scontata, ovvia, quasi banale, perché tutto ciò che riempie i nostri giorni, le nostre ore, ogni singolo attimo, è VITA da vivere e da assaporare?

Volevi forse vederci piangere per questa coltre di paura che sembra avvolgerci?

(Foto di Lorenza Fiorilli)

Volevi forse farci disperare al pensiero di quei momenti, preziosi, ma che non avevano giudicati tali, nell’istante stesso in cui li stavamo vivendo?

Volevi assistere alle nostre lacrime mentre sfogliamo gli album delle foto che ci ritraggono liberi?

Volevi ingabbiare le nostre CERTEZZE e frantumarle e renderle schegge impazzite?

Volevi farci fermare e mettere in pausa le nostre vite?

Ebbene, sì, lo hai fatto, hai fatto tutto questo, ci sei riuscito…e noi?

A noi altro non resta che imparare di nuovo a CAMMINARE: faremo come i bambini… prima avremo paura, saremo incerti, cadremo e piangeremo e in aiuto, come le braccia amorevoli di una mamma, verranno, in fila ordinata, tutte quelle cose che avevamo date per scontate, banali, ripetitive, quasi inutili se non persino, in alcuni casi, noiose.

E allora noi ci RIALZEREMO, con gli occhi ancora umidi di lacrime, ma ci rialzeremo e continueremo, anche se ancora con un’andatura incerta e poi piangeremo di nuovo, ma stavolta per la gioia: perché sopra di noi scorgeremo uno spiraglio di luce che ci abbaglierà…

                                                                                       Alessandra Fiorilli

In questa Pasqua “sospesa” arrivano in aiuto i ricordi…

In questa Pasqua di abbracci vuoti di affetti e pieni di  distanze, di campanelli di casa muti, di notizie che ci incalzano con la loro drammaticità, ecco, proprio ora abbiamo bisogno di aggrapparci, con tutte le nostre forze, all’immagine di giorni felici, nella speranza, da far  diventare certezza, che tutto torni com’era prima dell’emergenza sanitaria.

In questa Pasqua così lenta, quasi “sospesa”, senza i piatti del servizio buono da sistemare sulla tavola, senza l’immancabile tovaglia bianca che ha un profondo valore simbolico, ancora più forte è la nostalgia…e stamane, allora, non le ho opposto resistenza e mi sono lasciata trascinare da essa.

Il Casatiello con tanto di uova (Foto per gentile concessione di Rosa Umili)

Eccomi: ho nove anni, scendo giù dai nonni e li trovo entrambi in cucina, sorridenti e amorevoli.

Li abbraccio forte, forte, forte e sembra così impossibile che possa arrivare un giorno in cui ci sia proibito farlo.

Nell’aria, i sapori della festa e, sul piatto grande di porcellana bianca, il casatiello della nonna è già lì, che ci attende, ci attende per abbracciarci con i suoi sapori che rimarranno impressi nel cuore.

Il Casatiello (Foto per gentile concessione di Maria Umili)

Il nonno sta già tirando fuori dalla vetrinetta del soggiorno il servizio dei giorni di festa, tra poco arriveranno tutti gli altri e saremo quello che si dice, “una bella tavolata” e sembra davvero incredibile che un giorno ci sia impedito di riunirci con parenti ed amici.

Il Casatiello è  lì, sembra mi chiami…la tentazione è forte, ma so che dovrà far bella figura di sé intatto, quando sarà portato a tavola.

Lo guardo con insistenza: quel colore dorato, quell’odore inebriante, e quel cuore morbido, saporito, umido che mi aspetta.

Sono la prima nipote, i nonni non riescono a dirmi di no e me ne tagliano una fetta…chiudo gli occhi e quasi mi commuovo.

Questa torta rustica, che la nonna prepara ogni Pasqua,è il simbolo di questa festa, delle tradizioni che i nonni hanno portato dalla loro terra casertana, di un rito ormai irrinunciabile per la nostra famiglia.

“Quando sarai grande ti dirò come prepararlo”, mi svela dolcemente la nonna.

Lei, che non ha la ricetta scritta, ma sa tutto a memoria, come sua madre, sua nonna, vuole insegnarmi un’arte a me sconosciuta.

Il Casatiello ornato da un ramoscello d’ulivo (Foto per gentile concessione di Rita Umili)

So già che non sarò mai brava come la nonna ad impastare tutti gli ingredienti e poi…poi come farei a mangiarne una fetta senza di lei, senza i nonni?

Oggi quel Casatiello mi manca ancora di più, perché a colmare il vuoto di presenze così care, non ci saranno gli abbracci e i baci degli amici, la lunga tavola apparecchiata con cura, il servizio buono dei piatti, l’allegria di un giorno di festa che si preannuncia con il sole e con le temperature di una primavera inoltrata.

Ma a darmi forza torna sempre il ricordo del nonno, il quale, quando mi vedeva un po’ abbattuta mi diceva con il suo perfetto latino: “Sursum Corda”, ovvero, “In alto i cuori”.

E oggi, carissimi lettori di EmozionAmici, permettetemi di dirlo io a tutti voi, a tutti noi, a tutti gli Italiani divisi, separati, lontani, ma sorretti  da quella forza che ci ha ci sempre contraddistinto: “Sursum Corda”, dunque, e tanti affettuosi auguri di Buona Pasqua, carissimi lettori di EmozionAmici

                                                Alessandra Fiorilli

Mie amatissime Alpi, fate da eco al nostro grido “ANDRA’ TUTTO BENE”…

Mie amatissime Alpi,

è su di voi che ogni giorno il mio pensiero indugia con un velo di profonda nostalgia. I miei primi passi non sono stati mossi sui vostri prati,  perché, come ben sapete, sono nata in una cittadina sulla costa e credevo,  nella mia ingenuità di piccola bimba, che tutte le città avessero il proprio mare, quasi fosse un diritto “non scritto” della geografia.

Poi, grazie alla cartina geografica,  scoprii la variegata bellezza naturalistica della nostra Italia  e, più tardi, a scuola, la maestra parlò di voi come della  corona posta sulla testa della nostra meravigliosa nazione.

Piansi insieme ad Heidi, quando, la piccola protagonista del cartone animato fu portata a Francoforte, e da qui non riusciva a scorgere, nemmeno in lontananza, le sue amate montagne. La sua struggente nostalgia, oggi, in questi giorni di reclusione forzata, è anche la mia…e quando indugio sulle foto che mi ritraggono vicino a voi, mie carissime Alpi,   io a stento riesco a trattenere le lacrime, perché queste foto sembrano essere immagini di una vita così lontana…

 E così, per sentirmi più vicino a voi, vi immagino, giganti buoni solitari, senza turisti, senza il via vai delle cabinovie, e, ad occhi chiusi, percepisco il silenzio irreale che domina da voi, in questi giorni.

Allora m’immagino lì, al vostro cospetto,  apro le braccia e urlo a squarciagola: “ANDRA’ TUTTO BENE, ANDRA’ TUTTO BENE” e l’eco rimanda questo messaggio di speranza che attraversa, da nord a sud,  la nostra Italia.

Questo parole, però, a differenza dei primi giorni dell’epidemia, custodiscono in sé anche le lacrime per le decine di migliaia di nostri connazionali che non ce l’ hanno fatta, per quelle bare trasportate da mezzi militari, per quei necrologi che riempiono decine e decine di pagine dei quotidiani, per le famiglie spezzate, per gli abbracci che mancano ogni giorno di più, per le difficoltà economiche di padri di famiglia disperati.

E spero che questo virtuale “ ANDRA’ TUTTO BENE”,  che la mia immaginazione grida davanti a voi, giunga più facilmente al cielo e squarci il velo di tristezza che invece, voi, mie amatissime Alpi,  sapevate cancellare con la vostra maestosità, con i vostri prati sterminati, con le vostre vette innevate e incontaminate, con i vostri ghiacciai perenni.

                                                     Alessandra Fiorilli                                                            

…e il TEMPO rivolle indietro il tempo che aveva regalato agli uomini

Privi di libertà e pieni di tempo…un tempo che, talvolta, ci sembra infinito, rallentato da una non-azione a cui ci ha costretto l’epidemia.

Da settimane, ormai, non diciamo più : “Ti chiamo io dopo, ora non ho tempo”, “Semmai ci vediamo un’altra volta, adesso devo correre”, Appena mi sarà possibile, verrò a trovarti, tempo permettendo”.

Ecco, ora il tempo abbonda in queste nostre vite trasformate, piene di interrogativi e di paure:  paura del contagio, paura dell’altro, paura di ammalarci, paura di diventare uno dei numeri che, quotidianamente, affollano l’ormai consueto e triste bollettino della Protezione Civile.

In questa dimensione mai sperimentata prima d’ora, in bilico tra l’assenza di libertà e l’assoluta necessità di questa “prigionia” forzata che è l’unico mezzo per lottare, tutti insieme, contro il virus, lui, il TEMPO sembra essere lì, in un angolo a guardarci, sembra che ci voglia dire: “Voi fermi e io che trascorro libero, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, ora dopo ora. Quanto tempo  vi ho dato, nei mesi e negli anni passati… e quanto ne avete sprecato, buttato via, in sterili litigi, in vane lamentele, in fumosi chiacchiericci. E ora che ne avreste in abbondanza, e che vorreste riempirlo di abbracci, incontri, baci, strette di mano….ecco, ora siete lì, immobili, in attesa. E io, allora, mi prendo il mio tempo, il tempo che voi avete riempito con le vostre sciocchezze insulse, con le promesse che sapevano di falsità. Il tempo che non avete assaporato, quel tempo che non vi sarà più reso. Ricordatevelo, uomini, quando ne diventerete di nuovo padroni”.

                                                   Alessandra Fiorilli 

Il tramonto che ci manca e la libertà che tornerà, se rimaniamo uniti

Sono giorni  difficili per la nostra nazione, con un bollettino giornaliero di contagiati, ricoverati e morti che ci fa sentire in guerra, con i nostri sanitari in lotta contro il tempo e con i posti in terapia intensiva al limite del collasso. Chi ha la fortuna solo di rimanere a casa, sta sperimentando, forse per la prima volta, una limitazione di quelle libertà che sembravano scontate e una cancellazione pressoché totale di quella vita che poteva sembrare, talvolta, banale.

E’ indubbio che lo stare in casa per impedire il diffondersi della catena di contagio, diventa sopportabile al pensiero di coloro che si trovano ricoverati nelle terapie intensive, dove non possono incontrare i propri cari e dove la paura della morte si accompagna allo strazio di non poterli vedere neanche un’ultima volta.

Ciò che sta accadendo ha contorni apocalittici e se solo qualcuno, un po’ di tempo fa, ci avesse predetto un tale scenario, saremmo andati via con una smorfia di disgusto, tanto era impossibile credere che, nell’arco di qualche settimana, ci avrebbero chiesto un’autocertificazione per andare a fare la spesa e ci saremmo trovati separati dai nostri familiari solo perché non vivono nella nostra stessa casa.

Il momento che manca di più, specie per coloro che hanno la fortuna di vivere in un paese o in una città sul mare, è quello del tramonto. Non a caso, su Facebook e su Instagram, le foto che più spesso vengono pubblicate e condivise sono quelle che immortalano i minuti dopo che il sole è scomparso all’orizzonte, “gettandosi in mare”.

E lì,ogni sera, il cielo si tinge di arancione carico e di rosso, e l’animo si apre, accogliendo in sé la forza e l’incomparabile bellezza della natura.

Ecco, oggi, questo editoriale, è dedicato al tramonto che ci manca guardare in silenzio.

In questa foto si vedono degli uccelli in volo, da sempre simbolo massimo della libertà,  di questa libertà che oggi tanto ci manca.

Potranno arrivare altri tramonti e altri voli da guardare ma per tornare alla nostra vita dobbiamo restare a casa e credere ciascuno nel sacrificio dell’altro.

Uniti ce la faremo.

                                             Alessandra Fiorilli

L’Alfabeto dei Ricordi- Lettera R

Giunge da un glorioso passato, giunge sui sorrisi di una gioventù che sapeva e voleva sognare, giunge su note coinvolgenti, giunge su ritmi che ti dicono “Muoviti, non puoi star fermo”, giunge dagli Stati Uniti ma contagia tutti perché lui, il ROCK’N’ROLL , protagonista stasera del nostro “Alfabeto dei Ricordi”, è diventato davvero il simbolo di un’intera generazione ed oltre. Eccoli i giovani che lo ballano: sono agili, volteggiano e fanno, a loro volta, volteggiare, con grande facilità, le ragazze che indossano gonne a ruota e scarpe basse. Gli anni ‘50 incarnano alla perfezione il ROCK’N’ROLL: sono anni veloci, pieni di novità, di ritmo…non c’è tempo da perdere perché dopo gli anni bui della guerra si vuole recuperare tutto quello che si è perso…quindi si va, si va al ritmo di musica, si volteggia sui mille sogni di una società che sta cambiando volto, che balla senza stancarsi perché ha chiaro dove vuole arrivare…il ROCK’N’ROLL affascina, strega, e non sarà solo la moda del momento ma in moltissimi continueranno a suonarlo, perché quando ti entra dentro davvero non ti lascia più…

 

Pronti ad impiattare? Sì? Allora iniziamo con una salsa…

Cari lettori sono tornato questa volta senza un piatto o una ricetta, ma con alcune tecniche di impiattamento…Come tutti sappiamo, la cucina contemporanea si basa sopratutto sul mangiare prima con gli “occhi”  e, proprio per questo, oggi vi fornisco qualche idea  su come  impiattare  con una salsa di zucchine. Buona visione e… largo alla fantasia!❤

 

 

 

Alessandro Vellucci

 

I colori degli anni ’60

Carissimi lettori, oggi concludiamo la carrellata di abiti tipici degli anni ’60.

Due abiti tipici degli anni ’60

L’abito rosso raffigurato ha una linea svasata, la lunghezza arriva fin sotto il ginocchio, ha una cinta arancione che riprende anche il colore delle bretelle.  Sono presenti due tasconi con bottoni neri. La scollatura è a barchetta, sotto le maniche e sotto l’orlo è  presente una decorazione fatta di piccoli quadrati uniti tra loro. La coroncina in fiori e le scarpe a stivaletto sono gli accessori principali.
L’abito giallo, è invece composto da due pezzi:  un pantalone e una camicia. Il pantalone ha una linea dritta, mentre la camicia ha una linea morbida. La stampa della camicia ha quattro colori, ovvero quelli più usati negli anni 60′, così come caratteristica dell’epoca era la coroncina di fiori attorno alla testa, come si vede anche dal mio bozzetto.

Per concludere degnamente, non poteva mancare l’abito da sposa di quegli anni con una scollatura a “barchetta”, una linea svasata, dove si aprono due piegoni chiamati “bugie”. Le scarpe sono a punta e hanno un laccio sulla caviglia dove vengono allacciate. La semplicità di questo abito lo rendono unico ed elegante.

…e l’abito da sposa…

Giulia Di Giacomantonio

Il nuovo collaboratore di EmozionAmici è Carlo Belleudi

 

La rivista “EmozionAmici” da oggi si avvale di un nuovo collaboratore : Carlo Belleudi, classe 1999, studente del Liceo Musicale “Chris Cappell College” e con la passione per le sette note sin da quando era piccolo, una passione che lo porta a dire: “La musica è tutta la mia vita perché penso che sia il miglior modo per esprimere quello che provo”.

Carlo Belleudi mentre suona la sua batteria (foto per gentile concessione di Carlo Belleudi)

La batteria è il suo primo amore, ma: “Suono anche la chitarra, il pianoforte e il sassofono”.

Le sensazioni che Carlo prova sono talmente profonde ed intense da farlo sentire, quando suona:  “La persona  più forte del mondo. Un insieme di emozioni che non mi abbandonano mai, neanche quando finisco di suonare il pezzo”.

Una passione, quale per le sette note che Carlo condivide, dal 2017 con altri ragazzi, insieme ai quali ha fondato il gruppo “God Slap”, nato, come ci racconta Carlo: “A scuola, quando un giorno ci diedero da svolgere un compito strutturato per rivisitare, in chiave moderna, i pezzi dei Beatles. Dopo ciò,  gli insegnanti ci chiesero di esibirci anche l’ultimo giorno di scuola. Fu un’esperienza, questa, che ci piacque talmente tanto da pensare di continuare a suonare insieme. Così decidemmo di fondare un gruppo tutto nostro, gruppo che è composto da cinque elementi : basso elettrico, batteria, percussioni, tastiere, chitarra. Insieme ci divertiamo molto, e la passione che ci unisce è quello di suonare ciò che ci più ci piace”.

Il gruppo sta raccogliendo già  le sue prime soddisfazioni:  “Ci hanno contattato per diverse serate in zona e abbiamo suonato anche in giro per il Lazio” dice Carlo che nel 2013 ha partecipato al Concorso Internazionale per Musica da Camera, risultando 1° nella Categoria di Musica d’Insieme e  per 3 anni consecutivi ha conseguito un Master in Batteria presso Monte San Biagio.

Il momento delle prove per Carlo e i suoi colleghi:” E’  crescereè divertirsi con amici che hanno la tua stessa passione,  e con i quali condividi  momenti importanti della vita”, conclude Carlo che per la rivista  EmozionAmici ci parlerà appunto dell’evoluzione della musica, nonché ci regalerà suoi inediti come sottofondo a servizi video giornalistici che tra breve arricchiranno il nostro giornale.

Alessandra Fiorilli

 

 

 

Vi racconto la mia vittoria nel “tempio” della gastronomia italiana: “Il Gambero Rosso”

 

Il giorno 7 maggio 2018 sarà per me una data indimenticabile: per la prima volta ho fatto visita ad un “tempio” della gastronomia italiana, “Il gambero rosso” e ho partecipato alla 5° Edizione del Concorso Nazionale organizzato, appunto, dal Gambero Rosso e dall’Associazione Pandolea.

Abbiamo gareggiato mettendo a frutto tutti gli insegnamenti e le tecniche acquisite  nell’arco della nostra vita , in questo caso esaltando gli ingredienti della nostra regione e, soprattutto, i nostri olii pregiati.

A questo concorso ci siamo sfidati in 3 regioni : una scuola della Calabria, precisamente Crotone,  una scuola di Salerno che gareggiava per la Campania,  e infine la mia scuola “Marco Gavio Apicio” di Anzio, per il Lazio.

Al vincitore andava semplicemente un riconoscimento cartaceo , una serie di forniture di olii

…eccomi, emozionato, insieme ad Igles Corelli, uno degli chef più “forti” d’Italia…

pregiati e, infine, l’accesso  gratuito ad una delle cene più belle e importanti del panorama culinario: la Cena delle Tre Forchette. Ma il miglior premio in palio non è niente di concreto: semplicemente l’emozione di conoscere chef con la C maiuscola e sentire i pareri sul tuo operato, indipendentemente  dal risultato.

Le emozioni sono state  tantissime…per la verità, all’inizio, avevo tanta paura di non essere all’altezza, poi… adrenalina,  euforia, gioia  e  soddisfazione alla fine per essere arrivato primo in classifica.

Fino all’ultimo non sapevo in che posizione mi ero classificato, ma quando ho visto i giudici capire il concetto che ho cercato di far trapelare dal mio piatto, ho capito che qualcosa di buono avevo fatto.

Dedico questa mia vittoria innanzitutto alla mia famiglia che mi ha sempre spronato, a tutte le persone che mi sono state vicine , alla mia Scuola e, in particolare, al mio Professore di Cucina e, infine la dedico a tutte le persone che in questi anni hanno cambiato il mio modo di pensare alla cucina, vista ora  come espressione artistica e concettuale e non come un lavoro.

Ma soprattutto la dedico a me, per la mia umiltà e per la passione che metto ogni giorno.
E’ stata l’esperienza più bella in assoluto: so anche che questa gara e vittoria non è un punto di arrivo ma di partenza!!!

Ringrazio la Dott.ssa  Alessandra Fiorilli per avermi dato la possibilità di raccontarmi, di parlare delle mie emozioni non solo attraverso le  ricette, ma semplicemente raccontando di me stesso.

Alessandro Vellucci