Empatia, questa sconosciuta…

Foto di Lorenza Fiorilli

L’altra mattina ho visto un cagnolino abbandonato in un cortile di una palazzina.. Certo, potevo pensare che si fosse perso, ma quello che mi ha fatto capire che qualcuno lo avesse abbandonato, dimenticato, ignorato sono stati i suoi occhi tristi ed il suo atteggiamento: era lì, sotto la pioggia, al vento, a guardare fisso in un punto, fermo allo stesso luogo ad aspettare invano che quello che considerava il suo amico tornasse a prenderlo..

E allora ho pensato che se quella persona avesse avuto (oltre ad un cuore, un’anima e una coscienza) un po di empatia, quel cagnolino non stava soffrendo in quel modo..

Empatia, questa sconosciuta, mi verrebbe da dire.. Ma cos’è? E’ la capacità di mettersi nei panni degli altri, persone o animali che siano, di provare le loro stesse emozioni e sensazioni, di immedesimarsi nei loro stati d’animo, di gioire e di soffrire come gioirebbe e soffrirebbe l’altro.

Se ognuno di noi si sforzasse a provare un po di empatia, sono sicura che non ci sarebbero guerre, non ci sarebbero i bulli che umiliano i compagni di classe, non ci sarebbero animali abbandonati, non ci sarebbero i senza tetto che muoiono di freddo su un marciapiede.

Ci sono persone che riescono ad avere questa capacità, che la sentono innata; per loro è naturale immedesimarsi negli altri e nei loro sentimenti. Per altri è più difficile, per altri ancora, impossibile.

Ma da cosa dipende? Diverse ricerche hanno scoperto che nel cervello ci sono dei particolari neuroni che si attivano sia quando una persona compie una particolare azione, sia quando la  persona osserva quella stessa azione svolta da altri; per questo motivo, tali neuroni sono stati denominati neuroni specchio. Questo tipo di neuroni, svolgerebbero, quindi, una funzione importante nella percezione e nella comprensione del comportamento altrui.

L’empatia potrebbe anche essere “insegnata”; sarebbe necessario, fin da piccoli, attuare dei metodi, delle tecniche che facilitino e migliorino la comprensione dei sentimenti di chi ci sta vicino e che, quindi, porterebbero ognuno a mettersi nei panni dell’altro.

Ma al di là dei termini scientifici e delle ricerche di neuropsicologia, sarebbe così semplice, per vivere e far vivere meglio, attenersi ad un antico detto: Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Ebbene, nessun adolescente vorrebbe essere deriso dai propri compagni di classe, nessun uomo vorrebbe essere pestato a sangue perché dorme per strada, nessuna persona vorrebbe essere trattata con aggressività, nessun essere vivente vorrebbe essere abbandonato dalla persona che ama e dalla quale era sicuro essere amato a sua volta..

Ho dato una carezza a quel batuffolo di pelo, gli ho dato da mangiare, così come fa da diversi giorni una signora che abita in quella palazzina, e che ora l’ha preso con sé, ma lui vuole rimanere lì, ad aspettare e a sperare..

Ecco, se quella persona che lo aveva con sé avesse avuto un briciolo di empatia, ora quel cagnolino starebbe scodinzolando felice in quella che considerava la sua casa…

Lorenza Fiorilli