I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 7° ed ultima parte

Rimangono così per dei minuti, io non oso dire niente mi limito a guardarmi intorno per salutare, nell’anima, uno per uno, tutti gli oggetti che mi hanno fatto compagnia in queste due settimane.

Arrivederci vecchio macinacaffè dalla manovella rotta, caro paiolo di rame, carissimo camino, compagno di tante serate.

Non sono triste perché sono certa che non è un addio ma è solo un arrivederci.

Abbraccio anch’io la nonna ed esco da casa con mio padre che non si gira neanche una volta lungo il viale che ci conduce alla strada dove ci sta aspettando il taxi.

Io invece mi giro verso il casolare e posso scorgere la nonna che, intanto, alitando sul vetro della finestra, ha scritto queste parole: “E’ giusto che sia così”.

Non è passato neanche un anno da quando, invece, aveva scritto sul vetro:

“Non è giusto”.

Oggi, dopo che papà è riuscito dopo tanti anni a esprimere alla nonna tutto il suo profondo amore, ha capito che le cose stanno andando com’è giusto che vadano.

E così noi tre a Chicago, e la nonna in questo casolare, in attesa, però, che lei riesca a vincere la paura del volo e ci venga a trovare nella città del vento.

Salgo sul taxi e senza farmi vedere da papà, alito sul vetro, poi, però, non scrivo più nulla, allora penso di essere cresciuta, finalmente.

Basta messaggi sul vetro, sono grande ormai, e quando sentirò la necessità di dire qualcosa la dirò e non lo affiderò a un vetro appannato.

Il taxi parte e dietro di noi il casolare della nonna diventa sempre più piccolo, sino a scomparire del tutto.

 

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 6° Parte

“Non puoi rimanere neanche un giorno, figliolo?” gli chiede la nonna al papà.

“No, mamma. Lo so quello che stai pensando, che è da pazzi arrivare da Chicago e ripartire tra qualche ora ma il lavoro che stiamo portando avanti è importante ma non è importante solo per mia equipe ma per l’umanità intera. I sacrifici che ci sta imponendo questa ricerca possiamo sopportarli solo nella piena consapevolezza che il nostro impegno ci condurrà verso mete inimmaginate sino a qualche anno fa”, dice queste parole mio padre mentre scosta una sedia dal tavolo e si mette seduto.

“Vedi, mamma, io non ho preso caratterialmente né da te né da papà. Voi due, sempre così aperti e schietti, pronti sempre a dire: TI VOGLIO BENE. Di carattere sono stato sempre chiuso e adesso che siamo stati lontani per tutti questi mesi, ho sentito forte la tua assenza e tante sere sono stato assalito dalla nostalgia di te e di questi luoghi nei quali sono nato e cresciuto. Il Natale appena trascorso è stato il primo senza di te e non sai cosa avrei dato per sedermi vicino a te e per assaporare la tua polenta. Ma la vita ci impone dei sacrifici e credo che riusciamo ad accettarli solo perché ci sentiamo forti grazie all’amore di chi tiene a noi. Sei sempre stata con me, mamma, sei sempre con me, in metropolitana, mentre cammino per i viali alberati, quando pattino sul Lago Michigan ghiacciato, quando sono chiuso in laboratorio per le mie ricerche. Non credo torneremo più in Italia, ma l’idea di poterti vedere solo per alcuni giorni l’anno mi fa star male terribilmente. Perché non trascorri qualche mese da noi? In primavera, sì, mamma, in primavera, quando le brezze soffiano sull’acqua del lago oppure…vieni quando vuoi basta che ci vediamo…”.

Accidenti, mio padre che fa una dichiarazione d’amore alla nonna così palese! La lontananza da noi due credo, gli abbia fatto bene.

La nonna prende il fazzolettino a quadri dalla tasca del grembiule e dopo essersi soffiata il naso, abbraccia mio padre.

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 5° Parte

“Verrò presto da te a Chicago, Ludovica, te lo prometto!”

“Non è la stessa cosa che vederti tutti i giorni, nonna. Fammi rimanere qui con te!” la supplico tra le lacrime.

“Devi stare con i tuoi genitori, come tutti gli altri bambini”

“No, non è giusto….”

Piangiamo fino a singhiozzare ma il ticchettio delle nocche di mio padre al portone mi avverte che è giunto il momento di andare via.

Ci asciughiamo le lacrime e la nonna apre.

Il papà entra, mi abbraccia forte come non aveva mai fatto e mi sussurra in un orecchio:

“Quanto ci sei mancata e quanta è stata lunga e triste la notte di Natale senza di te. Sono felice che torni con noi”.

Bastano queste parole a farmi capire che avrei dovuto ributtare indietro la richiesta che avevo pensato di fargli: rimanere al casolare con la nonna.

Non avrei mai potuto privare papà e mamma della mia presenza, e poi, forse, se fossi riuscita a convincerli di lasciarmi al casolare, la sera, quando mi sarei affacciata alla finestra della mia camera, avrei pensato a tutte quelle centinaia di luci che provengono dalla selva dei grattacieli e mi sarebbero mancati i miei genitori.

Devo partire: questa è l’unica certezza che ho nel momento stesso in cui il papà abbraccia la nonna e mi prende la valigia.

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 4° Parte

Non c’è verso di prender sonno, tanto vale alzarsi.

Mi dirigo verso lo scrittoio e, aprendo il cassetto, vedo che c’è ancora un quaderno a quadretti di scuola mai usato.

Piego più volte una pagina fino a ricavarne un quadratino piccolo sul quale scrivo:

“Spero tanto di vederla presto, signora Mila”.

Lo ripiego in due: quando tra qualche ora la nonna andrà giù in cucina e indosserà il suo grembiule, io lo metterò nella sua tasca, senza farmene accorgere: sarà il nostro arrivederci.

Mi corico nuovamente, sento di essere stanca ma la tristezza di dover lasciare di nuovo la nonna è più forte della stanchezza.

Attendo che l’alba del nuovo giorno inondi di luce la mia stanza.

Arriva così mattina, arriva così il momento dei saluti.

Sento la nonna scendere in cucina, ha il passo pesante, sembra essere diventata all’improvviso più stanca.

Mi alzo dal letto e mi vesto: tra meno di un’ora mio padre verrà a prendermi con il taxi per andare in aeroporto.

Piego il pigiama di flanella, metto in ordine il letto, prendo la valigia e vado dalla nonna.

Lei non parla mentre sta riscaldando il latte della colazione.

“Una fetta di ciambellone, Ludovica?” mi chiede la nonna.

“No, grazie ho lo stomaco chiuso”, rispondo.

Poi la nonna si mette a sedere vicino a me e mi accarezza i capelli all’indietro, come faceva anche il nonno.

“Sei stanca, non hai dormito?” mi chiede.

Io non vorrei dirglielo ma poi lo faccio, mi butto tra le sue braccia e grido tutto il mio dolore per la nostra separazione.

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 3° Parte

Se penso che nessuno dei miei nuovi compagni di classe non hanno mai provato l’ebbrezza di stare a contatto con la natura e di poter ascoltare la voce del silenzio, quasi mi viene da piangere per loro.

Chiudo la persiana, poi la finestra e mi corico nuovamente nel mio letto, ma il sonno non vuole saperne di arrivare.

Troppo forte è la nostalgia che già provo per queste settimane trascorse.

Eppure l’avevo promesso alla nonna che avrei dormito, oggi sarà una lunga giornata: mi attende l’aereo per tornare a Chicago.

La valigia è già pronta, eccola, posso scorgere la sua inconfondibile sagoma proprio lì, vicino al mio scrittoio.

I vestiti li ha messi, uno accanto all’altro, la nonna proprio ieri sera prima di scendere in cucina per la cena.

Li ha piegati e li accarezzati, quasi per ricordare, nei giorni in cui saremo lontane, la morbidezza dei miei maglioncini di lana.

Sulla sedia ci sono i miei jeans, la camicia bianca, il gilet blu, i calzini multicolori e i miei stivaletti di cuoio.

La valigia l’ho chiusa io, nonostante la nonna mi abbia detto di non farlo perché avrei poi dovuto sistemarvi dentro il pigiama di flanella che ho indosso.

Ma ho deciso: non lo poterò con me, voglio che lo tenga la nonna, voglio che almeno lui possa rimanere qui, con lei, in questo casolare.

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 2° Parte

Dovrò attendere un altro anno prima d’incontrarla nuovamente…ce lo siamo confidate proprio ieri sera: il gioco di Mila e Pila funziona bene solo se siamo noi due, tra queste colline.

L’unico pensiero che mi consola è che la nonna mi ha promesso di venirmi a trovare, durante l’anno che è appena iniziato.

Certo, non sarà la stessa cosa che stare qui, davanti al camino, ma comunque l’importante è non dover attendere un altro anno prima di poterla riabbracciare nuovamente.

Intanto sono qui, in piedi davanti alla finestra aperta, e guardo le stelle…le stelle…sembra così strano che possano essere le stesse che ci sono anche a Chicago.

Non mi è mancata per niente la mia nuova città adottiva e nonostante mio padre e mia madre non hanno perso occasione di dirmi, ogniqualvolta ci siamo sentiti, durante queste settimane per telefono, quanto fosse spettacolare il Lago Michigan ghiacciato, io non ne ho sentito la nostalgia.

Si può sentire nostalgia di qualcosa che non si ama?

Credo proprio di no.

Possiamo avvertire la mancanza di ciò che sentiamo parte di noi, e questa lontananza ci può condurre per mano quasi fino a un dolore fisico, come quello che provo tutte le sere quando a farmi compagnia, dalla grande vetrata del soggiorno della nostra casa di Chicago, sono quelle centinaia di luci che corrispondono ciascuno a una stanza, a una persona, a una vita, costretta a muoversi tra metropolitane e traffico impazzito.

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 1° Parte

Sono le 2:43 del 2 gennaio, mi sto girando nel letto che sembro un pollo allo spiedo.

Non riesco a prender sonno.

A nulla è valsa la sempre deliziosa camomilla con il miele preparata dalla nonna, così come non mi è servito per niente contare tutte le pecore che pascolano nelle nostre campagne.

Mi agito tra le lenzuola come quelle anguille che durante il periodo natalizio si muovono, l’una sull’altra, in quelle vasche di plastica, pronte a venir prelevate dal retino del pescivendolo.

Non riesco letteralmente a chiudere occhio, eppure sono stanca, e sino a quando sono stata in cucina con la nonna avevo anche sonno, tanto che gli occhi mi si sono chiusi più volte mentre aiutavo la mia Mila a mettere tutto in ordine.

Prima sì, ma non adesso, non riesco ad addormentarmi sapendo che questa è l’ultima notte che trascorrerò in questo letto, perché domani…domani sarò di nuovo in terra americana.

Mi alzo dal letto, anche perché capisco che è del tutto inutile continuare a fare la lotta con il cuscino e con il piumone.

Apro, cercando di fare  meno rumore possibile, prima la finestra e poi la persiana e mi affaccio sulla nostra vallata.

Il freddo della notte sembra venirmi incontro, mi abbraccia e vorrei che quella notte non finisse mai.

Se potessi farlo, impedirei al sole di alzarsi in cielo tra qualche ora, lui non lo sa ma i suoi raggi significano per me dover abbandonare questo casolare ma soprattutto mia nonna e la mia amatissima signora Mila.

I racconti di Mila e Pila- 1° Gennaio: il saggio camino- 4° Parte

Capii da queste parole che al camino, testimone dei nostri giorni più felici, non bastava più un mio gesto, ma voleva parole, in grado di fargli capire quanto fosse prezioso e insostituibile il suo lavoro.

“Ma le parole possono anche essere pronunciate in modo non sentito, mentre i gesti valgono di più” risposi cercando di convincerlo.

“Non voglio sembrarti sciocco o petulante, però vedi, alla mia età, una parola dolce può illuminare una giornata buia. E poi, non credere, sono abbastanza saggio da poter capire quando una persona è sincera o quando le sue parole sono frutto dell’ipocrisia!” disse il camino con un tono di voce secco, che rasentava anche un rimprovero e continuò dicendo:

“So bene quanto sono stato importante per voi e quanto il mio lavoro vi abbia aiutato in tutti questi anni. Ma vedi, quando ero più giovane, c’erano tante persone qui in questa casa, ricordo che si  ritrovavano tutti qui, davanti a me, per riscaldarsi, per godere della fiamma che ondeggiava nella mia grande bocca, per cucinare la carne, per abbrustolire il pane.

Poi, poco alla volta, le abitudini sono cambiate, sono andati tutti via da questo casolare e oggi siamo rimasti sono te ed io.

Quello che faccio sembra essere solo un dovere, accendermi al mattino sino alla sera e riscaldare questa casa ormai vuota.

Prima mi ricoprivano i complimenti, ora non c’è più nessuno che pensa a me!” concluse tristemente il camino.

“Ma io sono grata di quello che continui a fare per me, solo che anch’io sono vecchia e sola e delle volte mi pesa anche accenderti!” risposi.

“No, tu non devi essere triste, ci sono io con te e non ti lascerò mai. Di una cosa ti prego: non far sì che la fiamma che accenderai sarà solo il simbolo di un dovere, fai che torni a essere anche un piacere e pensa che il mio lavoro lo svolgo con allegria quindi regalami, se puoi, un sorriso” concluse il camino.

Da qual giorno in cui il saggio camino mi fece le sue rimostranze, tornai a sorridere e non mi pesò più la solitudine e imparai da questo dialogo che delle volte accompagnare un gesto con una parola sentita, che proviene dritta dal cuore, è importante non tanto per chi lo fa, ma per chi lo riceve.

 

I racconti di Mila e pila-1° Gennaio: il saggio camino- 3° Parte

Ecco che decide di trasformarsi nella signora Mila, per spezzare questo filo di malinconia che sembra avvolgere questo primo dell’anno.

“Signora Pila, non può immaginare che cosa mi è successo qualche giorno fa, quando stavo cercando di accendere il camino”, mi dice la nonna, guardandomi negli occhi.

“Bene, mi trovavo davanti alla grande bocca del camino, pronta ad accendere il fuoco con i fogli di carta e i piccoli pezzetti di legna, quando, all’improvviso, sentii un vocione cavernoso lamentarsi.

“Basta, sono stanco, ho lavorato per tutti questi anni, senza avere in cambio mai neanche un semplice grazie. Oggi non faccio il mio dovere, oggi io non mi accendo”.

Capii dalle parole che a parlare era stato proprio il camino.

“Perché mi dici queste cose? Sono sempre stata molto brava con te! “ gli risposi.

“Brava sì ma non riconoscente: ho riscaldato, cucinato e nessuno mai si è soffermato a parlar bene di me, non ho mai ricevuto in cambio una parola di ringraziamento!” continuò il camino.

“Il mio ringraziamento non è fatto di parole ma di gesti. Volerti accendere tutti i giorni, durante l’inverno, significa che io ho bisogno di te, che mi piacere la tua compagnia.

Mi dispiace se hai frainteso il mio silenzio, ma questo era da interpretare come un modo per dirti grazie”, gli risposi con un tono di voce rassicurante.

“Hai ragione, ma ho bisogno di segni tangibili, concreti che mi diano la forza per continuare a svolgere il mio lavoro”, disse il camino.

I racconti di Mila e Pila. 1° Gennaio: il saggio camino- 2° Parte

Non ha pensato neanche per un istante che sulla tavola sarebbero stati messi due soli piatti.

Ha cucinato per me, per me che ho già la valigia pronta vicino allo scrittoio.

Però è triste la nonna, lo noto dai suoi movimenti più lenti ma è già tutto stabilito: domani mi verrà a prendere mio padre e tornerò con lui a Chicago.

“Nonna, il camino non è ancora acceso, posso pensarci io?” le chiedo con un tono di voce squillante, quasi per mascherare volutamente quel velo di tristezza che ho nel cuore.

“Prima però, bisogna andare a prendere la legna fuori perché ieri l’abbiamo consumata tutta”, dice la nonna con dolcezza.

“Va bene, allora prendo la mia giacca e vado alla legnaia” rispondo mentre imbraccio la cesta di vimini, dove metterò i grandi ciocchi di legna e quelli più fini, che servono per accendere il fuoco.

Fa freddo, oggi fa proprio freddo. però è una bella giornata di sole.

Rientro con il mio carico pesante e accendo il fuoco, sotto l’occhio vigile della nonna.

Sono brava, veloce e accorta, infatti, la fiamma non tarda ad accendersi.

“ Ludovica, la valigia l’ho già preparata io. C’è da sistemare dentro solo il pigiama che indosserai stanotte e gli indumenti di casa che porti addosso. Poi…è tutto pronto per domani” mi dice la nonna mentre sta mettendo le polpettine nella lasagna.

E continua dicendo:

“Sono stata molto bene queste settimane ma già da un paio di giorni la malinconia ha preso il posto dell’iniziale felicità. Già so che mi mancherai, una volta partita per Chicago, ancora  più di prima perché quando saremo lontane, avrò tanti bei ricordi che mi faranno salire le lacrime agli occhi”.

“Non essere così triste, nonna, altrimenti, lo divento anch’io. Abbiamo ancora tutto un giorno davanti da trascorrere insieme”, le rispondo cercando di tranquillizzarla.

“Un giorno…quando si vuole bene a una persona…è troppo poco, comunque, andiamo avanti con la preparazione del pranzo”.