Le noci: tra miti, leggende e quel Miracolo narrato ne “I Promessi Sposi”

Furono i Persiani a portarle in Europa dall’Asia Minore e da allora sono state circondate da storie e leggende dai profondi significati simbolici.

Per i Greci le noci erano considerate doni degni di un re, mentre gli antichi Romani adoravano mangiarle, certi che l’albero dal quale nascevano fosse sacro a Giove, e a conferma della predilezione che i romani avevano per questi frutti, durante gli scavi di Ercolano, sono stati ritrovati fossili di noci carbonizzate dall’eruzione del Vesuvio.

Secoli dopo, durante il Medioevo l’albero del noce fu considerato come quello preferito dalle streghe sotto al quale, secondo alcune leggende, amavano riunirsi per preparare i loro miscugli.

I Britanni, sulla base di  testimonianze risalenti alla dominazione romana in quell’area, la notte del solstizio d’estate erano soliti bere un liquore scuro di noce, molto apprezzato, tempo dopo, anche dai francesi, dai quali sembra che gli italiani abbiano imparato l’arte di preparare il nocino, usando  i malli  delle noci ancora verdi ed alcool.

Coltivate in tutto il mondo, la produzione maggiore la vanta il Cile e la California, ma l’Italia non sta certo a guadare, vantando due tipi molto ricercati: la Sorrentina e le noci Lara.

La costiera a nord di Sorrento non è l’unica zona della Campania dove si trovano i noceti, se ne hanno  anche nell’agro di Nola, nell’area flegrea, nei comuni vesuviani e nella terra casertana.

L’altra eccellenza italiana è la noce Lara, con il suo guscio a globo e prodotta in Veneto.

Le noci, che l’immaginario collettivo vede come le protagoniste delle festività natalizie, portate in tavola in ceste, insieme all’altra frutta secca come mandorle e nocciole, in realtà rappresentano un alimento completo, con un elevato contenuto di Omega 3 e Omega 6, di Vitamina E, del gruppo B e ricche di minerali.

Inoltre, secondo la teoria delle segnature di Paracelso, farebbero bene al cervello e alle memoria perché il loro gheriglio somiglia molto alla struttura della corteccia celebrale.

Ottime per chi fa sport, in cucina accompagnano primi come il riso con il gorgonzola, arricchiscono l’ impasto del pane e la loro granella viene talvolta usata anche  per impanare carni o pesci.

E poi… come dimenticare che al di là di tutte che leggende antiche e moderne, le noci sono state celebrate persino dal grande Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”, il cui capitolo terzo,  si conclude proprio con il “Miracolo delle noci”.

Fra’ Galdino, infatti, dopo aver bussato alla porta di Agnese, riceve le noci in dono per il suo convento, e prima di andar via racconta una storia.

 Un giorno, il proprietario di un  noce decise di abbattere questo suo albero, certo che non avrebbe prodotto frutti, ma Padre Macario del vicino convento dei  Cappuccini gli disse che quello  stesso noce, in primavera, avrebbe invece dato abbondanti frutti. L’uomo si convinse e non solo seguì il consiglio del frate, quanto gli promise che, in caso di un buon raccolto, la metà delle noci sarebbe andata in elemosina al convento. Ma il giovane e scapestrato figlio del proprietario non mantenne la parola data: e quando un giorno andò al granaio per ammirare l’abbondante raccolto, si accorse che di questo non era rimasto altro che i fiori secchi della pianta.

                                Alessandra Fiorilli

Courmayeur…e il cuore trema dall’emozione

Courmayeur, noto centro turistico a circa 30 chilometri da Aosta, vanta tre primati: è l’ultimo comune in territorio italiano, il più ad occidente della Valle d’Aosta e l’unico che confina con due nazioni, la Francia e la Svizzera.

Ad unirla con i cugini d’oltralpe è il traforo del Monte Bianco, lungo quasi 12 chilometri, superato il quale, ci si trova nella cittadina di Chamonix.

Il legame che ha con il comune “gemello” in terra francese, nasce nel XVIII secolo, quando gli esploratori furono richiamati dal grande fascino di scalare la vetta più alta d’Europa, il Monte Bianco,  ai piedi del quale giace, sul versante francese Chamonix, e su quello italiano, Courmayeur.

Scorcio della vallata dalla Piazza (Foto di Lorenza Fiorilli)

I due comuni alpini diventano, in pochissimi anni, i centri più noti ed apprezzati dall’alpinismo mondiale.

La sede del Municipio (Foto di Lorenza Fiorilli)

Il clima alpino, con le sue estati fresche e gli inverni nevosi, rendono Courmayeur un centro turistico ambito da molti, anche se nel comune valdostano l’affluenza dei primi villeggianti si registrò nel secolo XVII perché richiamati dalle fonti di acqua solforosa.

Particolare di una casa in pietra (Foto di Lorenza Fiorilli)

La vicinanza con la prima Capitale d’Italia, Torino, che dista da Courmayeur poco più di 140 chilometri, la rese una delle mete preferite di Casa Savoia per i loro soggiorni alpini  e, con l’avvento di un turismo non più solo d’elite, il comune valdostano è diventato,  a partire dal XX secolo, una delle più apprezzate stazioni sciistiche alpine.

…e di una in legno (Foto di Lorenza Fiorilli)

La volontà di far conoscere le bellezze mozzafiato delle nostre montagne e di promuovere l’attività alpinistica, ha spinto, nel 1850, alcuni cultori della montagna a costituire la Società Guide Alpine, che oggi si trova sulla Strada del Villair, di fronte la Chiesa principale, la Parrocchia di San Pantaleone, il quale è il patrono della cittadina.

Il Museo delle Guide Alpine “Duca degli Abruzzi” (Foto di Lorenza Fiorilli)

Proprio nel caratteristico edificio della Società Guide Alpine, oggi è ospitato il Museo “Duca degli Abruzzi”, dove sono esposte foto ed oggetti di chi l’alta montagna l’ha vissuta, amata, assaporata, conquistata, metro per metro.

Scorcio di una strada nel centro di Courmayeur (Foto di Lorenza Fiorilli)

Courmayeur si sveglia ogni mattino e va a dormire ogni sera con, negli occhi, le Alpi che la circondano come un abbraccio e lo strettissimo rapporto con l’alta montagna lo rivela il nome stesso di Courmayeur che sembrerebbe derivare, secondo l’Abbé Henry, nel volume “Histoire Populaire de la  Vallee  d’Aoste”, dal latino “culmen majus”, ovvero “grande cima”, per via della notevolissima vicinanza al Monte Bianco.

Scorcio del Monte Bianco (Foto di Lorenza Fiorilli)

Proprio dalla Piazza Abbé Henry si gode di un panorama spettacolare sulla vallata e sui monti circostanti.

Panorama dalla Piazza Abbé Henry (Foto di Lorenza Fiorilli)

Tra gli appuntamenti che celebrano lo stretto rapporto tra Courmayeur  con le Alpi, spicca il “Tor des Geants” il “giro dei giganti”,  una competizione che si snoda per 34 comuni valdostani, con partenza ed arrivo proprio a Courmayeur.

 Il tour, giudicato come uno tra i più duri al mondo, si snoda per 330 chilometri attraverso bellezze uniche come il Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Courmayeur è un gioiello alpino da assaporare in ogni suo suggestivo angolo, con i balconi in legno pieni di fiori, le case in pietra, i loro tetti ricoperti  da lastre di losa, ottenute da rocce che, per loro stessa natura, sono facilmente divisibili in lastre, appunto.

Courmayeur è le sue strade, dove il tempo sembra voler dire ai turisti: “Fermati, respira l’aria pura e dissetati con l’acqua freddissima e indugia su quanta bellezza ti circonda”.                                                    

                                              Alessandra Fiorilli