I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 3° Parte

Se penso che nessuno dei miei nuovi compagni di classe non hanno mai provato l’ebbrezza di stare a contatto con la natura e di poter ascoltare la voce del silenzio, quasi mi viene da piangere per loro.

Chiudo la persiana, poi la finestra e mi corico nuovamente nel mio letto, ma il sonno non vuole saperne di arrivare.

Troppo forte è la nostalgia che già provo per queste settimane trascorse.

Eppure l’avevo promesso alla nonna che avrei dormito, oggi sarà una lunga giornata: mi attende l’aereo per tornare a Chicago.

La valigia è già pronta, eccola, posso scorgere la sua inconfondibile sagoma proprio lì, vicino al mio scrittoio.

I vestiti li ha messi, uno accanto all’altro, la nonna proprio ieri sera prima di scendere in cucina per la cena.

Li ha piegati e li accarezzati, quasi per ricordare, nei giorni in cui saremo lontane, la morbidezza dei miei maglioncini di lana.

Sulla sedia ci sono i miei jeans, la camicia bianca, il gilet blu, i calzini multicolori e i miei stivaletti di cuoio.

La valigia l’ho chiusa io, nonostante la nonna mi abbia detto di non farlo perché avrei poi dovuto sistemarvi dentro il pigiama di flanella che ho indosso.

Ma ho deciso: non lo poterò con me, voglio che lo tenga la nonna, voglio che almeno lui possa rimanere qui, con lei, in questo casolare.

La pizza: un amore che dura da secoli

Una serata tra amici, una cena improvvisata, ma anche una colazione alternativa o una coccola a metà pomeriggio…è sempre lei ad offrirci la sua leggiadra bontà, a deliziare palato e cuore, a regalarci quella sua capacità di farci sorridere, appena dato il primo morso: la pizza.

Lei…semplicemente la pizza (foto per gentile concessione di Maria Umili)

Conosciuta ed apprezzata sin dall’antichità, una sua diretta antenata la vede protagonista sulla tavola degli etruschi, dei greci, dei babilonesi e degli egiziani, i quali preparavano, in occasioni di eventi particolarmente importanti, una focaccia arricchita con erbe aromatiche.

E’ però con i  Romani che la nostra pizza ha i legami più profondi, sia da un punto etimologico che da quello delle tradizioni: il grande Publio Virgilio Marone, l’autore dell’Eneide, in alcune sue opere parla della preparazione di un impasto, il “libum”, una sorta di focaccia di farro macinato.

Il termine pizza, inoltre, deriva dal participio passato del verbo “pinsere”, ovvero schiacciare, macinare, pestare, verbi che ancora oggi sono strettamente legati al momento della preparazione dell’impasto stesso.

E in molti, nell’antico impero romano, seguivano questo rituale per preparare il libum: s’iniziava con la macinazione dei chicchi di farro, si setacciava la farina così ottenuta, la si impastava con acqua e sale, si aggiungevano erbe aromatiche, la si lavorava sino ad ottenere una sfoglia sottile che veniva poi cotta sulle ceneri del focolare domestico.

Secoli e secoli dopo, la storia decide di fare l’occhiolino all’inventiva del popolo napoletano: è il 1889, il Re d’Italia, Umberto I è a Napoli con la consorte, la Regina Margherita. La coppia reale viene omaggiata dal miglior pizzaiolo della città, Raffaele Esposito, da tre pizze. La prima, la classica, con  pomodoro e basilico, la seconda, alla marinara, con pomodoro, aglio e origano, la terza con pomodoro, mozzarella e basilico creata appositamente da Esposito per omaggiare i colori della bandiera italiana. La storia narra come la Regina Margherita, colpita dalla grande maestria del pizzaiolo napoletano, l’abbia voluto incontrare di persona per complimentarsi con lui. E Raffaele, in segno di viva ed eterna riconoscenza per questo gesto, decise di chiamare quella pizza condita con pomodoro, mozzarella e basilico, pizza Margherita, appunto, in onore della Sovrana d’Italia.

Dal 1889 la pizza Margherita è la pizza per eccellenza, la più richiesta e quella che sempre con grande piacere viene preparata nelle case degli italiani, magari nei lunghi pomeriggi invernali.

Una pizza casalinga prima di essere infornata…(foto per gentile concessione di Maria Umili)
Una pizza rossa con mozzarella preparata a casa (foto per gentile concessione di Maria Umili)
…e quando si prepara la pizza a casa, non ci si limita solo alla classica rossa: eccone una con pomodorini e basilico (foto per gentile concessione di Maria Umili)

Il 2004 è stato  l’anno nel quale la pizza napoletana  ha ottenuto il marchio Sgt (Specialità tradizionale garantita), proprio per tutelare la modalità di lavorazione e le materie prime che devono essere usate. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’unico macchinario consentito è quello dell’impastatrice nella sola fase di preparazione, mentre i panetti e la sfoglia, che sarà lavorata a disco, dovranno conoscere solo la mano dell’uomo. La cottura  dovrà avvenire a forno a legna, ad una temperatura di 485° e la durata sarà compresa tra i 60 e i 90 secondi.

Gli ingredienti per la pizza a marchio Sgt, invece, saranno pomodori pelati o pomodorini freschi, olio extravergine di oliva, aglio, origano, per la Marinara , mozzarella di bufala campana DOP, basilico fresco e mozzarella Sgt per la Margherita.

La pizza: un alimento che affonda le sue radici nella storia dell’uomo e che ancora oggi è capace di scaldarci il cuore.

Alessandra Fiorilli

 

 

 

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 2° Parte

Dovrò attendere un altro anno prima d’incontrarla nuovamente…ce lo siamo confidate proprio ieri sera: il gioco di Mila e Pila funziona bene solo se siamo noi due, tra queste colline.

L’unico pensiero che mi consola è che la nonna mi ha promesso di venirmi a trovare, durante l’anno che è appena iniziato.

Certo, non sarà la stessa cosa che stare qui, davanti al camino, ma comunque l’importante è non dover attendere un altro anno prima di poterla riabbracciare nuovamente.

Intanto sono qui, in piedi davanti alla finestra aperta, e guardo le stelle…le stelle…sembra così strano che possano essere le stesse che ci sono anche a Chicago.

Non mi è mancata per niente la mia nuova città adottiva e nonostante mio padre e mia madre non hanno perso occasione di dirmi, ogniqualvolta ci siamo sentiti, durante queste settimane per telefono, quanto fosse spettacolare il Lago Michigan ghiacciato, io non ne ho sentito la nostalgia.

Si può sentire nostalgia di qualcosa che non si ama?

Credo proprio di no.

Possiamo avvertire la mancanza di ciò che sentiamo parte di noi, e questa lontananza ci può condurre per mano quasi fino a un dolore fisico, come quello che provo tutte le sere quando a farmi compagnia, dalla grande vetrata del soggiorno della nostra casa di Chicago, sono quelle centinaia di luci che corrispondono ciascuno a una stanza, a una persona, a una vita, costretta a muoversi tra metropolitane e traffico impazzito.

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 1° Parte

Sono le 2:43 del 2 gennaio, mi sto girando nel letto che sembro un pollo allo spiedo.

Non riesco a prender sonno.

A nulla è valsa la sempre deliziosa camomilla con il miele preparata dalla nonna, così come non mi è servito per niente contare tutte le pecore che pascolano nelle nostre campagne.

Mi agito tra le lenzuola come quelle anguille che durante il periodo natalizio si muovono, l’una sull’altra, in quelle vasche di plastica, pronte a venir prelevate dal retino del pescivendolo.

Non riesco letteralmente a chiudere occhio, eppure sono stanca, e sino a quando sono stata in cucina con la nonna avevo anche sonno, tanto che gli occhi mi si sono chiusi più volte mentre aiutavo la mia Mila a mettere tutto in ordine.

Prima sì, ma non adesso, non riesco ad addormentarmi sapendo che questa è l’ultima notte che trascorrerò in questo letto, perché domani…domani sarò di nuovo in terra americana.

Mi alzo dal letto, anche perché capisco che è del tutto inutile continuare a fare la lotta con il cuscino e con il piumone.

Apro, cercando di fare  meno rumore possibile, prima la finestra e poi la persiana e mi affaccio sulla nostra vallata.

Il freddo della notte sembra venirmi incontro, mi abbraccia e vorrei che quella notte non finisse mai.

Se potessi farlo, impedirei al sole di alzarsi in cielo tra qualche ora, lui non lo sa ma i suoi raggi significano per me dover abbandonare questo casolare ma soprattutto mia nonna e la mia amatissima signora Mila.

I racconti di Mila e Pila- 1° Gennaio: il saggio camino- 4° Parte

Capii da queste parole che al camino, testimone dei nostri giorni più felici, non bastava più un mio gesto, ma voleva parole, in grado di fargli capire quanto fosse prezioso e insostituibile il suo lavoro.

“Ma le parole possono anche essere pronunciate in modo non sentito, mentre i gesti valgono di più” risposi cercando di convincerlo.

“Non voglio sembrarti sciocco o petulante, però vedi, alla mia età, una parola dolce può illuminare una giornata buia. E poi, non credere, sono abbastanza saggio da poter capire quando una persona è sincera o quando le sue parole sono frutto dell’ipocrisia!” disse il camino con un tono di voce secco, che rasentava anche un rimprovero e continuò dicendo:

“So bene quanto sono stato importante per voi e quanto il mio lavoro vi abbia aiutato in tutti questi anni. Ma vedi, quando ero più giovane, c’erano tante persone qui in questa casa, ricordo che si  ritrovavano tutti qui, davanti a me, per riscaldarsi, per godere della fiamma che ondeggiava nella mia grande bocca, per cucinare la carne, per abbrustolire il pane.

Poi, poco alla volta, le abitudini sono cambiate, sono andati tutti via da questo casolare e oggi siamo rimasti sono te ed io.

Quello che faccio sembra essere solo un dovere, accendermi al mattino sino alla sera e riscaldare questa casa ormai vuota.

Prima mi ricoprivano i complimenti, ora non c’è più nessuno che pensa a me!” concluse tristemente il camino.

“Ma io sono grata di quello che continui a fare per me, solo che anch’io sono vecchia e sola e delle volte mi pesa anche accenderti!” risposi.

“No, tu non devi essere triste, ci sono io con te e non ti lascerò mai. Di una cosa ti prego: non far sì che la fiamma che accenderai sarà solo il simbolo di un dovere, fai che torni a essere anche un piacere e pensa che il mio lavoro lo svolgo con allegria quindi regalami, se puoi, un sorriso” concluse il camino.

Da qual giorno in cui il saggio camino mi fece le sue rimostranze, tornai a sorridere e non mi pesò più la solitudine e imparai da questo dialogo che delle volte accompagnare un gesto con una parola sentita, che proviene dritta dal cuore, è importante non tanto per chi lo fa, ma per chi lo riceve.

 

I racconti di Mila e pila-1° Gennaio: il saggio camino- 3° Parte

Ecco che decide di trasformarsi nella signora Mila, per spezzare questo filo di malinconia che sembra avvolgere questo primo dell’anno.

“Signora Pila, non può immaginare che cosa mi è successo qualche giorno fa, quando stavo cercando di accendere il camino”, mi dice la nonna, guardandomi negli occhi.

“Bene, mi trovavo davanti alla grande bocca del camino, pronta ad accendere il fuoco con i fogli di carta e i piccoli pezzetti di legna, quando, all’improvviso, sentii un vocione cavernoso lamentarsi.

“Basta, sono stanco, ho lavorato per tutti questi anni, senza avere in cambio mai neanche un semplice grazie. Oggi non faccio il mio dovere, oggi io non mi accendo”.

Capii dalle parole che a parlare era stato proprio il camino.

“Perché mi dici queste cose? Sono sempre stata molto brava con te! “ gli risposi.

“Brava sì ma non riconoscente: ho riscaldato, cucinato e nessuno mai si è soffermato a parlar bene di me, non ho mai ricevuto in cambio una parola di ringraziamento!” continuò il camino.

“Il mio ringraziamento non è fatto di parole ma di gesti. Volerti accendere tutti i giorni, durante l’inverno, significa che io ho bisogno di te, che mi piacere la tua compagnia.

Mi dispiace se hai frainteso il mio silenzio, ma questo era da interpretare come un modo per dirti grazie”, gli risposi con un tono di voce rassicurante.

“Hai ragione, ma ho bisogno di segni tangibili, concreti che mi diano la forza per continuare a svolgere il mio lavoro”, disse il camino.

I racconti di Mila e Pila. 1° Gennaio: il saggio camino- 2° Parte

Non ha pensato neanche per un istante che sulla tavola sarebbero stati messi due soli piatti.

Ha cucinato per me, per me che ho già la valigia pronta vicino allo scrittoio.

Però è triste la nonna, lo noto dai suoi movimenti più lenti ma è già tutto stabilito: domani mi verrà a prendere mio padre e tornerò con lui a Chicago.

“Nonna, il camino non è ancora acceso, posso pensarci io?” le chiedo con un tono di voce squillante, quasi per mascherare volutamente quel velo di tristezza che ho nel cuore.

“Prima però, bisogna andare a prendere la legna fuori perché ieri l’abbiamo consumata tutta”, dice la nonna con dolcezza.

“Va bene, allora prendo la mia giacca e vado alla legnaia” rispondo mentre imbraccio la cesta di vimini, dove metterò i grandi ciocchi di legna e quelli più fini, che servono per accendere il fuoco.

Fa freddo, oggi fa proprio freddo. però è una bella giornata di sole.

Rientro con il mio carico pesante e accendo il fuoco, sotto l’occhio vigile della nonna.

Sono brava, veloce e accorta, infatti, la fiamma non tarda ad accendersi.

“ Ludovica, la valigia l’ho già preparata io. C’è da sistemare dentro solo il pigiama che indosserai stanotte e gli indumenti di casa che porti addosso. Poi…è tutto pronto per domani” mi dice la nonna mentre sta mettendo le polpettine nella lasagna.

E continua dicendo:

“Sono stata molto bene queste settimane ma già da un paio di giorni la malinconia ha preso il posto dell’iniziale felicità. Già so che mi mancherai, una volta partita per Chicago, ancora  più di prima perché quando saremo lontane, avrò tanti bei ricordi che mi faranno salire le lacrime agli occhi”.

“Non essere così triste, nonna, altrimenti, lo divento anch’io. Abbiamo ancora tutto un giorno davanti da trascorrere insieme”, le rispondo cercando di tranquillizzarla.

“Un giorno…quando si vuole bene a una persona…è troppo poco, comunque, andiamo avanti con la preparazione del pranzo”.

I racconti di Mila e Pila. 1 Gennaio: il saggio camino-1° Parte

Ieri sera abbiamo visto da lontano i fuochi d’artificio che hanno fatto giù al paese.

E mentre abbiamo brindato ci siamo guardate negli occhi, promettendoci che niente avrebbe potuto dividerci, perché il nostro amore è più forte delle distanze, delle masse oceaniche, dei cieli solcati dagli aerei.

Eppure lo sappiamo entrambe che è difficile vivere separate a migliaia di chilometri di distanza però, delle volte, per non soffrire troppo, riusciamo a convincerci che sia proprio così.

Invece no, l’amore ha bisogno di abbracci, di baci, di coccole, l’amore è la quotidianità che diventa mai routine, l’amore è la prima colazione consumata insieme, il perfetto incastro tra la pasta che cuoce e la tavola che, nel frattempo, viene apparecchiata.

Ma dobbiamo sottostare alla legge del più forte, e in questo caso i più forti sono i miei genitori, dai quali tornerò domani.

Domani…è già di tempo di partenze, è già tempo di saluti.

Ma non voglio rattristarmi ancora, la nonna ed io ancora abbiamo l’intera giornata da trascorrere insieme.

Mi precipito giù in cucina ed è già al lavoro davanti ai fornelli.

Sta preparando la lasagna con tante polpettine e filante mozzarella, il pollo ripieno con le patate al forno.

Ha cucinato, durante queste festività natalizie, con la stessa passione e lo stesso amore di quando c’era anche il nonno, il papà e la mamma.

I racconti di Mila e Pila. 31 dicembre: il monopattino in legno e quello d’allumino- 5° Parte

 Hai ragione tu, io sono malmesso e non bello e perfetto come lo sei tu, ma ho tanti ricordi, ricordi di momenti di unione, di amicizia, di aggregazione.

Io nasco dalla volontà di un gruppo di bambini di divertirsi, nelle lunghe giornate estive, con poco. E allora ecco che il figlio della signora Mila disse ai suoi amici che era arrivato il momento anche per loro, di diventare degli inventori.

Pensarono di costruire un monopattino, e il materiale necessario l’avrebbero chiesto un po’ al falegname, un po’ al meccanico.

Qualche pezzo di legno, tre cuscinetti e voilà: ecco il monopattino pronto a sfrecciare per la discesa che dalla vallata porta giù al paese. Quanta gioia nei loro occhi e quanta soddisfazione nel vedere la loro opera completata con tanto ingegno e maestria!

Facevano a gara a scendere giù e si cronometravano a vicenda.

L’estate, quell’anno passò in fretta, anche grazie a me.

Poi, un giorno si accorsero che erano cresciuti un po’ troppo e con grande dispiacere mio e loro, finii nella cantina della signora Mila.

Quando sono triste, penso alla gioia che sono riuscito a regalare e mi torna il sorriso.

Ecco, ora puoi pure parlare”, disse il vecchio monopattino al nuovo mente si stava asciugando qualche lacrima.

Ma il nuovo monopattino stranamente non replicò nulla, si limitò solo ad abbracciarlo.

Poi si scusò per il suo atteggiamento pieno di boria e mettendosi in un angoletto gli chiese se poteva raccontargli qualche storia, proprio come fanno i nonni con i nipoti.

Ma soprattutto gli chiese di trasmettergli un po’ di quell’amore che ancora serbava dentro di sé, quando ricordava quei giorni d’estate trascorsi insieme ai ragazzi del paese.

 

I racconti di Mila e Pila. 31 dicembre: il monopattino in legno e quello d’alluminio-4° Parte

“Cosa c’è che non va, di cosa stai lamentando??” gli chiesi.

“Signora Mila, non faccia finta di non sapere che proprio sopra la mia testa, c’è un monopattino ultra-moderno che si sta dando un sacco di arie. L’ho sentito, sa ieri sera mentre si vantava!”

“Che cosa posso fare per te?” gli dissi.

“Portarmi sopra dal monopattino perché voglio proprio fare due chiacchiere con lui!”

Non seppi di no davanti alla sua richiesta e così presi il nuovo monopattino e lo portai nella sala, vicino al vecchio.

“Ma che fai, non sai che è da maleducati origliare?” disse il monopattino d’acciaio a quello di legno.

“E’ ancor più da maleducati vantarsi!” rispose il vecchio.

“Siamo in democrazia ed io dico ciò che voglio!”!

“Tu potrai pure dire ciò che vuoi ma quello che dici deve avere un senso!”

“Mica butto parole al vento io!”

“ E invece credo proprio di sì! Ti ho sentito, sai, mentre stavi lodando la tua scocca in alluminio e il fatto che riuscivi a dare tanta felicità ai bambini!”.

“Lo vedi, lo vedi che ho ragione. Quindi, secondo te, con me non si divertivano?”.

“Non lo so…” disse ciò mentre il monopattino d’alluminio si stava lucidando lo sterzo cromato.

“Ma guarda un po’ come sei screanzato! Ma cosa dici se non le cose non le sai. Mettiti qui vicino a me e ascolta, senza interrompermi, la storia che ti racconterò.