Iolanda Bellobono:  “Quel giorno in cui andai ad imparare il mestiere di sarta…”

Iolanda Bellobono, oltre ad essere una nettunese DOC, innamorata del suo paese natale, è anche una donna strepitosamente simpatica, diretta, con una spirito vivace che la porta a voler conoscere e ad ampliare le proprie conoscenze. L’aspetto che più colpisce di lei è l’energia, ma anche l’amore, con il quale custodisce i ricordi più cari, legati alla sua infanzia trascorsa a Piazza Segneri, alla sua adolescenza da fidanzatina, a quei baci rubati alla Marciaronda, ai suoi amati genitori, in maniera particolare al papà Silvestro. E questi stessi ricordi meritano un posto speciale sul mio giornale, perché sono palpiti di cuore ed emozioni che riaffiorano.

Iolanda Bellobono

“Quando si terminava la quinta elementare non tutte avrebbero continuato gli studi, ma erano tempi, quelli della mia infanzia ed adolescenza, dove non c’era posto per l’ozio e, quindi, si andava ad imparare un mestiere e quello più in voga tra le ragazze era quello di sarta”– racconta Iolanda, la quale così continua “terminate le scuole, andai anche io da una sarta che  stava vicino,  a Piazza Colonna, così avevo modo, poi, di tornare a casa e preparare il pranzo ai miei fratelli e alle mie sorelle. I miei genitori, infatti, lavoravano tutti i giorni in campagna e quindi io, essendo la più grande, dovevo accudirli quando non erano in casa”.

Uno dei cartamodelli che conserva ancora gelosamente

I ricordi di Iolanda sono talmente vividi e ricchi di un amore mai sopito, che sembrano venirti incontro e prenderti per mano. E sembra di rivedere le giovani ragazze nettunesi recarsi di buon’ora presso l’abitazione della sarta per poi uscire insieme, a giornata terminata, sottobraccio, scambiandosi  confidenze sui primi amori e sui sogni di giovani donne.

Con tanta umiltà e voglia di imparare, si iniziava: “Con i punti lenti per fare il modello, con i sovrammani, perché ancora non si usavano molto le macchine da cucire, e i sottopunti, che non dovevano vedersi”.

Dalla sarta si andava in occasioni speciali, come il matrimonio, la comunione. ma non di rado si chiedeva di: “Rigirare un cappotto, utilizzando, così, la stoffa per creare altri indumenti, magari per i propri figli”.

Iolanda si appassiona facilmente a questo mestiere: “Mi piaceva molto cucire, mi diplomai anche alla Scuola di Taglio, di cui ho ancora l’attestato incorniciato” e anche qui si affaccia il ricordo tanto caro di papà Silvestro: “Nel 1966, quando cominciai ad esercitare il mestiere di sarta, mio padre mi regalò un paio di forbici tutte mie ed una calamita che serviva a raccogliere in terra gli eventuali spilli caduti.  E decise persino di affittare una casa, lui che ne aveva una di proprietà a Piazza Segneri, per offrirmi la possibilità di avere una stanza tutta mia, dove poter lavorare come sarta e  far provare gli abiti alle clienti. Ero brava, soprattutto a realizzare  le minigonne che andavano tanto di moda in quegli anni. Ma la soddisfazione più grande è stata quella di cucire i vestiti da sposa per le mie due sorelle, Luciana e Letizia”.

Le prime forbici regalatele dal padre e la calamita…
L’abito da sposa realizzato da Iolanda per la sorella Luciana
…e quello per la sorella Letizia

E ancora oggi, davanti alle sue creazioni, non può fare a meno  di emozionarsi, proprio come me, dopo aver raccolto questa testimonianza che, attraverso il tempo è giunta fino a noi.

Alessandra Fiorilli