Il pane…semplicemente. Parliamo di quest’elemento principe della dieta mediterranea con il Professor Rolando Alessio Bolognino.

Celebrato nelle poesie, protagonista di molti detti e proverbi popolari,  è sinonimo di lavoro, di fatica, ma anche di casa e di convivialità. E se alcune testimonianze fanno risalire la sua prima comparsa persino alla preistoria, quando gli uomini macinavano ghiande commestibili cuocendole su rocce roventi, sono stati  gli antichi Egizi,  intorno al 3500 a.C. , ad aver messo a punto  la lievitazione naturale. E sempre loro, consapevoli della grande importanza del pane, cominciarono a usarlo persino come mezzo di pagamento. I Greci lo preparavano usando anche spezie e miele, mentre i Romani riempirono la loro città di centinaia e centinaia di forni dove veniva impastato e cotto.

Il pane, a partire dagli anni ’80,  è stato più volte additato come il nemico uno della forma fisica, reo di far accumulare chili di troppo. Facciamo la necessaria chiarezza grazie al Professor Rolando Alessio Bolognino, Ricercatore e Biologo nutrizionista in campo oncologico e di prevenzione, esperto in alimentazione sportiva, Docente Universitario a contratto presso l’Università Unitelma La Sapienza di Roma, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma,  Istruttore Protocolli Mindfulness, nonché  autore di libri e pubblicazioni scientifiche, Divulgatore scientifico in radio e televisione: “ Il pane, grazie ai carboidrati che contiene, rappresenta una fonte di energia e, unitamente alle fibre, proteine, vitamine non riesce, da solo, ma soprattutto nelle giuste quantità , a far aumentare di peso”.

Il Professor Rolando Alessio Bolognino (foto per gentile concessione del Professor Rolando Alessio Bolognino)

Sfatiamo anche un altro mito: il pane fa ingrassare, contrariamente ai prodotti industriali come cracker, grissini e gallette: A parità di peso questi alimenti contengono molte più calorie del pane, ma grazie al più basso contenuto di acqua, hanno nutrienti più concentrati. Inoltre, per renderli gradevoli, vengono aggiunti zuccheri e grassi che, invece, non si trovano nel pane”.

Mentre le gallette :” Sempre a  parità di peso presentano un valore energetico molto vicino a quello del pane, ma avendo un indice glicemico più alto, non sono raccomandate per tutti. Se vogliamo, però, consumarle, dovremmo preferire quelle con meno sale e più fibra”.

Anche il pangrattato, un derivato del pane molto usato nella cucina italiana, è meglio artigianale piuttosto che industriale :” Il pangrattato è semplicemente il risultato della macinazione di pane raffermo che viene sottoposto anche a tostatura prima del confezionamento. Se invece leggiamo l’etichetta di quello industriale possiamo notare come ci siano, tra gli ingredienti, anche olii vegetali e sale. E ricordiamoci che possiamo prepararlo anche noi a casa, macinando il pane raffermo.  Anche in questo caso dobbiamo prestare attenzione alla quantità”.

Quando si parla di pane è necessario, però, fare un distinguo tra i vari tipi che troviamo in commercio: ”Se associamo la parola pane a quella di benessere e salute, dobbiamo porre l’accento sulla necessità che si parli sempre e comunque di un prodotto di buona qualità: infatti possiamo affermare che se è preparato con farine di tipo integrale o ai multicereali, diventa persino un valido alleato per perdere peso e per contrastare diverse patologie”.

Differenti tipi di pane e differenti quantità di calorie :”Il pane bianco per 100 grammi apporta circa 265 calorie e fornisce 3,2 g di grassi, 49 g di carboidrati, 9 g di proteine, 30g di acqua, 491 mg di sodio, 115 mg di potassio, 2,7 g di fibra alimentare, 260 mg di calcio e percentuali più o meno consistenti di vitamina A e B6. Nel pane integrale, che presenta maggiore quantità di fibra alimentare e sali minerali, troviamo una minore quantità di grassi e le calorie sono inferiori”.

La quantità ideale  di pane da consumare risente di molti parametri :”Partiamo dal dire che l’apporto calorico giornaliero dovrebbe provenire tra il 45 e il 60% dai carboidrati. Dobbiamo però considerare lo stile di vita, l’attività fisica giornaliera, le patologie pregresse. I LARN raccomandano una porzione media di 50 grammi di pane, tenendo però presente che un soggetto in salute che pratica esercizio fisico quotidiano potrà consumarne di più, mentre un soggetto sedentario avrà bisogno di un quantitativo minore. E’ comunque buona regola evitare nello stesso pasto di consumare il pane con altri carboidrati per evitare i picchi glicemici”.

Mentre per i soggetti diabetici :” Sarebbe consigliabile il consumo di prodotti integrali, perché la fibra contenuta in tali alimenti rallenta l’assorbimento del glucosio, quindi i livelli di glicemia si alzano meno rapidamente. Ma se proprio non si vuole rinunciare al pane bianco, è necessario limitarne la quantità”.

Una curiosità sul pane raffermo :” E’ caratterizzato dalla presenza di una particolare forma di amido resistente, l’amido retrogrado, che si forma in quegli alimenti i quali,  una volta cotti, sono lasciati raffreddare. L’amido retrogrado non è facilmente attaccabile dagli enzimi digestivi, quindi non si avrà assorbimento di glucosio, e non si osserverà, di conseguenza, un aumento elevato della glicemia”.

 Coloro che soffrono invece di colon irritabile “: Dovrebbero evitare di consumare il pane integrale perché, contenendo più fibre, queste, dopo essere state fermentate dal microbiota intestinale, causano    gonfiore addominale e alterazioni nella consistenza e frequenza dell’alvo”.

Nonostante negli ultimi anni ci sia  stato un maggiore interesse verso altre tipologie di pane, che non sia il classico bianco od integrale, sono molte le farine, con proprie caratteristiche, a darci un prodotto che, da solo, è in grado di soddisfare stomaco e palato: “ A fare la differenza è la tipologia di grano usato. Tra i più noti spiccano il grano tenero, il cui nome scientifico è Triticum Aestivum  e il grano duro, Triticum durum. Il più usato nel campo della panificazione è il primo che, raffinato, dà vita alle farine di tipo 00, la 0, la 1, la 2 e l’integrale, in base alla quantità di fibra che rimane. Il grano duro serve per l’ottenimento della semola che, oltre ad essere ampiamente usata per la produzione della pasta, è anche l’ingrediente principe del famoso pane di Altamura. La farina di segale, che dà vita all’omonimo pane, scuro e con crosta più doppia, presenta  un contenuto di glutine leggermente inferiore rispetto alla farina di frumento, con una maggiore quantità  di sostanze minerali e fibre. Molto aromatica e con sentori di nocciola è la farina di farro, con un alto contenuto di glutine e con una maggiore quantità di proteine e minerali rispetto a quella di frumento”.

Il grano saraceno, invece :”Oltre a rientrare nella categoria dei grani pregiati, ha anche una bassissima concentrazione di glutine che ne aumenta la digeribilità, mentre il basso indice glicemico permette di tenere sotto controllo i livelli di insulina”.

Mentre i grani antichi :” Contengono percentuali di glutine inferiori a quelle dei grani moderni, risultano più digeribili ma l’impasto è meno elastico”.

Negli ultimi tempi si trovano altri tipi di pane, quali quelli di mais o di riso: “ Questi cereali  sono privi di glutine,  quindi  consigliati a chi non può consumarlo, come i celiaci. Ma proprio perché non  contengono glutine, queste farine  non sono particolarmente adatte alla lievitazione, per la bassa forza che hanno, quindi si otterranno dei prodotti che avranno delle caratteristiche organolettiche differenti rispetto al pane tradizionale, oltre anche a delle differenze nutrizionali”.

Sempre di recente e sempre più frequentemente si sente parlare di pane con lievito madre :” Il lievito madre presenta un numero maggiore di microrganismi che digeriscono un numero superiore di varietà di componenti della farina. Si chiama anche pasta acida perché crea un ambiente che favorisce la fermentazione lattica con produzione di acido lattico, conferendo un sapore caratteristico ai panificati che risultano anche  più facilmente digeribili

Mentre il tradizionale lievito di birra :” E’ caratterizzato da colonie di un fungo microscopico (Saccaromyves Cerevisiae), che vengono allevate e pressate allo stato fresco nei tipici panetti morbidi, ricchi fino al 70 per cento di umidità. Questi lieviti attivano la fermentazione alcolica una volta inseriti nell’impasto”

I lieviti chimici invece: “ Sono composti da una miscela di bicarbonato di sodio e acido tartarico, che rende i dolci soffici e porosi in un tempo brevissimo”. 

C’è un aspetto della farina del quale non sempre ne se parla, ma che è utile sapere perché ci aiuta a scegliere quella migliore per l’uso a cui è destinata :” La capacità di assorbire acqua e trattenere l’anidride carbonica che viene a formarsi durante le varie fasi della lavorazione, prende il nome di “forza della farina”. E tale caratteristica fa sì che più una farina è forte, più riesce a tenere bene la lievitazione. Pertanto le farine forti, ovvero quelle che hanno un indicatore di forza tra 320 e 260 W sono indicate per pane e pizza, quelle tra 250-190 W per la pasticceria mentre con un indicatore 180-190 sono le migliori per la preparazione di pasta frolla e biscotti”.

Di qualsiasi tipo esso sia, il pane rimane il principe della tavola, specie di quella mediterranea e recarsi dal fornaio tutti i giorni è anche un piacere, ma se non si ha questa possibilità e lo si acquista per tutta la settimana, ecco come conservarlo al meglio :” E’ necessario riporlo in un sacchetto di carta al fine di conservare meglio l’umidità, ancora meglio sarebbe riporlo in un’ulteriore sacchetto per alimenti di plastica, cosi da limitare l’evaporazione”

C’è chi, invece, acquistandolo in grandi quantità, preferisce congelarlo: “ Con il congelamento sicuramente aumenta il tempo di conservazione, ma andiamo ad alterare le caratteristiche organolettiche del pane, una volta scongelato la sua gradevolezza al gusto potrebbe essere modificata”.

Se, nonostante tutte le accortezze per conservarlo nel migliore de modi, dovessimo accorgersi della presenza di muffa :“ E’ buona norma non eliminare soltanto la parte ammuffita, ma gettare l’intero alimento, questo perché, anche se non visibile, la muffa potrebbe essere penetrata anche all’interno”.

                                       Alessandra Fiorilli