“Nonna…”
“Ludovica, sai che non si parla con la bocca piena…”.
Ingoio quel delizioso boccone ricco di candidi e uvetta e, mettendomi vicino a lei per godere di quello spettacolo che la nonna offre quando è in cucina, le dico che non ho avuto neanche il tempo, in queste settimane trascorse al casolare, di tirar fuori quel monopattino cromato, che la mamma mi ha regalato poco prima di partire per l’Italia.
“ Vai in camera, allora, e fammi vedere come sei brava. Ma non credo proprio che potrai superare tuo padre…” lascia questa frase volutamente a metà per solleticare la mia curiosità.
“Mio padre, perché anche lui andava sul monopattino?” le chiedo corrugando la fronte.
“Certo, Ludovica, ed era velocissimo ma anche molto attento. Pensa che in tanti anni non è mai caduto, non si è mai sbucciato le ginocchia!” continua la nonna.
“Accipicchia…ed io che l’ho sempre immaginato, sin da piccolo, chiuso dentro un laboratorio…” dico mentre cammino su e per giù per la sala.
“Vai giù in cantina Ludovica. Appena entri, sulla sinistra c’è un piccolo aggeggio di legno, prendilo e torna su”.
Non me lo faccio ripetere due volte e dopo qualche minuto entro trionfante con quest’antico monopattino di legno, frutto della fantasia e dell’ingegno di mio padre.
Non posso resistere, vado su in camera mia e prendo anche il mio di monopattino, quello che la mamma mi ha regalato.