La Lenticchia di Castelluccio di Norcia: quando la storia e le tradizioni creano un capolavoro senza tempo.

Sono state le protagoniste delle festività natalizie da poco trascorse.

Si dice che portino fortuna e denaro, ecco perché le si mangiano appena scoccata la mezzanotte che saluta il nuovo anno.

Ma loro, dalla forma tondeggiante e dal colore che va dal verde al marroncino passando per una screziatura arancio, sono presenti sulla tavola degli uomini sin dai tempi antichissimi, quando venivano coltivate nell’area dell’Asia minore.

Protagoniste anche in un racconto biblico nel libro della Genesi della Sacra Bibbia, sono state per secoli chiamate “la carne dei poveri” perché ricche di proteine e ferro.

Stiamo parlando delle lenticchie, le cui più famose sono quelle di Castelluccio di Norcia, che hanno ottenuto, nel 1997, il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta).

Coltivate in quest’area a 1500 metri sul livello del mare già nel  3000 a.C.,  la pratica della coltivazione  segue, da tempo immemore, sempre lo stesso rituale: il terreno nel quale verranno messe a dimore viene arato in primavera, la semina avviene tra marzo e maggio e proprio da maggio fino alla prima metà luglio, si ha il momento della loro fioritura, uno spettacolo davanti al quale centinaia di migliaia di turisti rimangono affascinati.

Le lenticchie di Castelluccio di Norcia (foto di Alessandra Fiorilli)

La sua forma schiacciata e tondeggiante, fanno della lenticchia di Castelluccio un vero capolavoro artistico che diventa poi, anche culinario, grazie alla sua buccia fine che, però, non si sfalda dopo i venti minuti di cottura richiesti.

E’ la natura nella quale nasce e cresce a renderla così unica: la sua dimora è un altopiano che sorge su un fondo di un lago risalente all’epoca preistorica e che si è prosciugato. L’inverno rigido, l’innevamento e le gelate che ne conseguono, rendono il terreno particolarmente favorevole alla coltivazione, preservando altresì la lenticchia dall’attacco dei parassiti e questo consente anche di non usare sostanze chimiche e di continuare una coltivazione biologica.

La forma e il colore delle lenticchie IGP (foto di Alessandra Fiorilli)

Come piatto unico, in zuppe o accompagnata dalla pasta, come compagna di formaggi saporiti, la lenticchia di Castelluccio di Norcia è un capolavoro tutto da gustare.

                                                    Alessandra Fiorilli

I racconti di Mila e Pila- 2 Gennaio: è l’ora dei saluti- 6° Parte

“Non puoi rimanere neanche un giorno, figliolo?” gli chiede la nonna al papà.

“No, mamma. Lo so quello che stai pensando, che è da pazzi arrivare da Chicago e ripartire tra qualche ora ma il lavoro che stiamo portando avanti è importante ma non è importante solo per mia equipe ma per l’umanità intera. I sacrifici che ci sta imponendo questa ricerca possiamo sopportarli solo nella piena consapevolezza che il nostro impegno ci condurrà verso mete inimmaginate sino a qualche anno fa”, dice queste parole mio padre mentre scosta una sedia dal tavolo e si mette seduto.

“Vedi, mamma, io non ho preso caratterialmente né da te né da papà. Voi due, sempre così aperti e schietti, pronti sempre a dire: TI VOGLIO BENE. Di carattere sono stato sempre chiuso e adesso che siamo stati lontani per tutti questi mesi, ho sentito forte la tua assenza e tante sere sono stato assalito dalla nostalgia di te e di questi luoghi nei quali sono nato e cresciuto. Il Natale appena trascorso è stato il primo senza di te e non sai cosa avrei dato per sedermi vicino a te e per assaporare la tua polenta. Ma la vita ci impone dei sacrifici e credo che riusciamo ad accettarli solo perché ci sentiamo forti grazie all’amore di chi tiene a noi. Sei sempre stata con me, mamma, sei sempre con me, in metropolitana, mentre cammino per i viali alberati, quando pattino sul Lago Michigan ghiacciato, quando sono chiuso in laboratorio per le mie ricerche. Non credo torneremo più in Italia, ma l’idea di poterti vedere solo per alcuni giorni l’anno mi fa star male terribilmente. Perché non trascorri qualche mese da noi? In primavera, sì, mamma, in primavera, quando le brezze soffiano sull’acqua del lago oppure…vieni quando vuoi basta che ci vediamo…”.

Accidenti, mio padre che fa una dichiarazione d’amore alla nonna così palese! La lontananza da noi due credo, gli abbia fatto bene.

La nonna prende il fazzolettino a quadri dalla tasca del grembiule e dopo essersi soffiata il naso, abbraccia mio padre.

I racconti di Mila e Pila. 31 dicembre: il monopattino in legno e quello d’alluminio-2° Parte

“Nonna…”

“Ludovica, sai che non si parla con la bocca piena…”.

Ingoio quel delizioso boccone ricco di candidi e uvetta e, mettendomi vicino a lei per godere di quello spettacolo che la nonna offre quando è in cucina, le dico che non ho avuto neanche il tempo, in queste settimane trascorse al casolare, di tirar fuori quel monopattino cromato, che la mamma mi ha regalato poco prima di partire per l’Italia.

“ Vai in camera, allora, e fammi vedere come sei brava. Ma non credo proprio che potrai superare tuo padre…” lascia questa frase volutamente a metà per solleticare la mia curiosità.

“Mio padre, perché anche lui andava sul monopattino?” le chiedo corrugando la fronte.

“Certo, Ludovica, ed era velocissimo ma anche molto attento. Pensa che in tanti anni non è mai caduto, non si è mai sbucciato le ginocchia!” continua la nonna.

“Accipicchia…ed io che l’ho sempre immaginato, sin da piccolo, chiuso dentro un laboratorio…” dico mentre cammino su e per giù per la sala.

“Vai giù in cantina Ludovica. Appena entri, sulla sinistra c’è un piccolo aggeggio di legno, prendilo e torna su”.

Non me lo faccio ripetere due volte e dopo qualche minuto entro trionfante con quest’antico monopattino di legno, frutto della fantasia e dell’ingegno di mio padre.

Non posso resistere, vado su in camera mia e prendo anche il mio di monopattino, quello che la mamma mi ha regalato.