La storia del supplì romano che ha conquistato anche l’ipertecnologica Tokio

E’ il 1874 quando i clienti di una delle tante trattorie di Roma leggono, per la prima volta, nella lista dei piatti proposti, “Souplis di riso”.

Incuriositi dal nome, che tradisce una qualche vaga parentela con la lingua francese, non a caso sembra derivare dal termine d’Oltralpe “surprise”, ovvero, sorpresa, ne ordinano uno… eccolo arrivare: è caldo, profuma di fritto, ha un volto rassicurante e al tempo stesso malizioso.

La sorpresa la si ha quando lo aprono, con le mani, a metà : al suo interno custodisce un cuore di mozzarella filante capace di legare le due parti di questo alimento preparato con il riso.

Il supplì…semplicemente (foto di Alessandra Fiorilli)

Dalla trattoria romana il balzo che la ricetta farà in tutte le case, prima dei romani poi di tutta Italia, sarà tanto breve quanto duraturo.

Le mamme lo preparano con gli avanzi del riso e del sugo di carne della domenica, ma nessuno considererà mai il supplì come un modo per riciclare ciò che è rimasto nelle pentole del pranzo di un giorno di festa.

Due le correnti di pensiero sulla pianatura: chi lo infarina, lo passa nell’uovo e poi nel pangrattato, chi invece usa solo l’uovo e pangrattato.

Il classico colore della panatura appena fritta (foto di Alessandra Fiorilli)

Il classico supplì fronteggia oggi la concorrenza di alcune varianti: c’è chi aggiunge al suo interno delle verdure, chi della pancetta, ma l’intramontabile supplì che ha incantato prima i romani e poi l’Italia e il mondo intero, è sempre il classico, con riso al sugo e mozzarella.

IL cuore di mozzarella custodito all’interno di ogni supplì che si rispetti (foto di Alessandra Fiorilli)

Il supplì riesce a superare il suo essere solo un alimento perché sa diventare poesia, il simbolo di una parentesi gustosa e sfiziosa tra il pranzo e la cena, il compagno di un’attesa, un momento di puro gusto.

Ma è anche l’indiscusso protagonista di una serata in pizzeria tra amici: mentre si attende l’arrivo della pizza, se ne gusta qualcuno caldo caldo.

E se ti trovi in strada e noti da lontano una buona friggitoria e passi lì di fronte, è quasi impossibile resistere alla tentazione di entrare e di acquistarne uno e quando sei lì e lo porti alla bocca, all’improvviso non ti sei senti più solo, perché in quel momento il supplì già ti fa compagnia…e dimentichi le calorie che stai ingerendo, le dieta, l’autobus che devi prendere per tornare a casa: esiste solo lui  e nello stesso istante in cui lo addenti, non puoi fare a meno di chiudere gli occhi.

Lui, il supplì, non concede strappi alla regola: vuole essere mangiato con le mani…è così, infatti,  che lo gustano da un capo all’altro del mondo. Locali  che vendono supplì li troviamo dalle grandi metropoli nordamericane, New York in testa, fino all’ipertecnologica Tokio.

Il supplì: un pezzo di storia romana amata in tutto il mondo (foto di Alessandra Fiorilli)

Anche la filmografia italiana lo ha celebrato in alcuni suoi  film: da “La Parmigiana” con un Nino Manfredi che li addenta con voracità, al più  recente “Poveri ma ricchissimi”, in cui la famiglia protagonista dei Tucci riesce a mangiarne interi vassoi senza stancarsi mai.

E provateci anche voi…sì provateci ad acquistarne uno e a portarlo a casa senza aver avuto la tentazione, nemmeno per un istante, di addentarlo per strada…

Alessandra Fiorilli