Volterra, Palazzo Viti: quando la storia di una famiglia diventa arte

Siamo alla fine del 1500 a Volterra e un nobile locale, Attilio Incontri, decide di costruire un palazzo nel cuore della cittadina: la sua facciata è il perfetto connubio tra il Rinascimento che sta per lasciare dietro di sé tracce indelebili e il Barocco che irrompe con tutta la sua volontà di apportare vistose novità artistiche.

350 anni dopo la sua costruzione, lo stesso Palazzo viene acquistato da Giuseppe Viti, un artigiano e commerciante d’alabastro, il quale apportò un profondo restauro degli ambienti che ospitarono nel 1861, Re Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, di cui si conserva ancora la Stanza appositamente realizzata in occasione del suo soggiorno a Volterra.

Amante della sua terra, Giuseppe Viti, fu uno degli esponenti del movimento significativamente chiamato “Viaggatori dell’alabastro” e già ad otto anni andò con il padre negli Stati Uniti, per poi tornare, dopo 5 anni, in Toscana, pronto a ripartire con i suoi alabastri per il Nuovo Mondo.

Dopo alcune alterne vicende che lo condussero anche in America Latina, non pago di ciò che aveva già realizzato, decise di partire per un viaggio commerciale in Asia.

Dall’Egitto all’India, Giuseppe fu apprezzato per le sue doti commerciali e, grazie alle ingenti somme guadagnate, tornò a Volterra e coronò il sogno di acquistare il Palazzo Incontri, che avrebbe poi preso il nome della sua famiglia, Viti, appunto.

Dal 1849 all’anno della sua morte, avvenuta nel 1860, decise di non allontanarsi più né dall’Italia, né da Volterra, perché fu tutto preso e proteso dalle vicende che porteranno all’ Unità d’Italia, unificazione che Giuseppe Viti riuscirà a vedere, anche se negli ultimi mesi della sua vita.

L’atmosfera delle Sale di Palazzo Viti incantò il regista Luchino Visconti, il quale lo scelse nel 1964, come set del film “Vaghe stelle dell’orsa” interpretato da Jean Sorel e Claudia Cardinale: pellicola, questa, che fu premiata con il Leone d’Oro al Festival di Venezia.

Visitare Palazzo Viti a Volterra è un tuffo nel passato, nella bellezza di ceramiche e tappeti, nell’accuratezza di un’esposizione che conquista subito, sin dal momento in cui si varca l’ingresso e si accede al maestoso Scalone, costruito ai primi del 1600 dall’architetto G. Caccini ed arricchito dalle decorazioni alle pareti. Ad impreziosire ulteriormente lo Scalone d’Ingresso, le sculture e i piedistalli, molti dei quali realizzati sfruttando la pietra di Zambra, una pietra arenaria locale.

Particolare dello Scalone d’Ingresso (Foto di Lorenza Fiorilli)

La seconda rampa dello Scalone accoglie i visitatori con una volta celeste, e conduce all’ ingresso del Piano Nobile, dove troviamo una consolle di alabastro, una specchiera dorata del 1700, tre ritratti alle pareti e una deliziosa ombrelliera con una collezione di ombrelli da sole e antichi bastoni.

Rampa che accede al Piano Nobile (Foto di Lorenza Fiorilli)

Superato l’ingresso, si accede alla Sala da Ballo, dove a spiccare sono due splendidi candelabri d’alabastro eseguiti per Massimiliano d’Asburgo, all’interno dei quali venivano accese lampade a petrolio.

Sala da Ballo (Foto di Lorenza Fiorilli)

La caratteristica di questa stanza è la ricchezza e varietà di oggetti provenienti dall’Oriente che Giuseppe Viti portò in Italia nel corso dei suoi viaggi all’estero.

Il caratteristico pavimento ha le tessere bicolore in cotto e alabastro indurito, mentre ai soffitti preziosi lampadari di vetro di Murano regalano un’atmosfera che rapisce gli animi.

Uno dei candelabri in alabastro (Foto di Lorenza Fiorilli)

La Sala da Pranzo è un perfetto matrimonio tra miniature cinesi del 1700 1800 su carta da riso con inchiostro di china, porcellane e argenteria inglese che fanno bella mostra di sé sui due tavoli dal piano in alabastro.

Particolare della Sala da Pranzo (Foto di Lorenza Fiorilli)

Proseguendo la visita, si arriva al Salotto delle Battaglie, così chiamato per i 13 quadri raffiguranti battaglie, mentre su un tavolino-vetrina ci sono avori, medaglioni di alabastro e pietre dure.

Salotto delle Battaglie (Foto di Lorenza Fiorilli)

Le Saletta delle Porcellane è un tripudio di preziosi manufatti francesi ed inglesi e della tradizione italiana esposti alle pareti, mentre in una vetrina ci sono bicchieri e caraffe in vetro e cristallo, usati dalla famiglia Viti nel corso delle varie epoche.

Particolare delle porcellane esposte nell’omonima Saletta (Foto di Lorenza Fiorilli)
Saletta delle Porcellane (Foto di Lorenza Fiorilli)

Quando si giunge alla Biblioteca, il respiro si spezza per un istante: la bellezza incomparabile del ballatoio e del soffitto, il più pregiato di tutto il palazzo, presenta, nei quattro medaglioni esposti, i ritratti dei maggiori poeti italiani, ovvero Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso.

Biblioteca (Foto di Lorenza Fiorilli)

Sull’antica scrivania una lampada con paralume in porcellana incisa: splendida e rarissima opera delle Manifatture Reali di Berlino.

La preziosa lampada con paralume in porcellana sulla scrivania della Biblioteca (Foto di Lorenza Fiorilli)

È il Salotto Rosso ad essere la stanza con la più ricca decorazione murale e con il mobilio ricoperto da una sottilissima foglia d’oro

Salotto Rosso (Foto di Lorenza Fiorilli)

I vestiti indiani da cerimonia intessuti in oro indossati da Giuseppe Viti, nominato da un principe indiano Emiro del Nepal, sono esposti in una vetrina nel Salotto del Terrazzo, arricchito da una collezione di ventagli.

Particolare dei ventagli esposti (Foto di Lorenza Fiorilli)

E poi ecco giungere la Camera del Re, ovvero la stanza da letto che accolse Vittorio Emanuele II nel 1861, con uno splendido letto a baldacchino, la decorazione delle pareti e della volta realizzata in onore del Regno d’Italia e del suo sovrano.

Camera del Re (Foto di Lorenza Fiorilli)

A conclusione della visita, la Camera Gialla con la toilette di Ginori di fine Ottocento e il ritratto di Francesco de’Medici, opera del pittore fiammingo Justus Sustermann.

La Camera Gialla (Foto di Lorenza Fiorilli)

Visitare Palazzo Viti, una dimora voluta, amata, vissuta in ogni angolo, è una delle esperienze più intense che si possa vivere, perché un nido familiare racconta storie che non si trovano sui libri, ma che si leggono con il cuore, e si ascoltano  parole pronunciate sottovoce dal mobilio, dai dipinti, dai tappeti, dagli argenti e dalle porcellane di una casa che ancora è viva e palpitante e che ti abbraccia con un’intensità tale da rimanere indelebilmente impressa nell’animo.

                         Alessandra Fiorilli

Firenze: una passeggiata lungo la storia

Firenze…Firenze…Firenze… parte dell’immancabile e classica triade, insieme a Roma e Venezia, che i turisti stranieri non si lasciano sfuggire quando visitano l’Italia, meta di gite scolastiche organizzate per ammirare da vicino i capolavori dei grandi artisti rinascimentali, luogo dove i cinque sensi vengono rapiti da cotanta maestosa bellezza e perfezione.

Quando arrivi a Piazza Duomo, non puoi trattenerti dal rimanere immobile, ammaliato dalla grandiosità della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, del Campanile di Giotto e del Battistero.

Il Duomo, uno scorcio del Campanile e il Battistero (da sinistra nella foto di Lorenza Fiorilli)

E tu sai che per costruire quella cupola, simbolo di Firenze e che domina l’intera città, Filippo Brunelleschi impiegò 16 anni, usando una tecnica costruttiva che oggi, a quasi 7 secoli di distanza, e con tutti i mezzi e le innovazioni di cui si dispone, sembrerebbe un’opera impossibile.

Il capolavoro di Filippo Brunelleschi: la cupola, simbolo di Firenze (foto di Lorenza Fiorilli)

Quel trionfo di marmi bianchi di Carrara, verdi di Pisa e rossi di siena,  che ricoprono l’intera facciata sia della Cattedrale che del Campanile, regalano un’atmosfera, al tempo stesso, dolce ed austera, imponente e magica.

Il Duomo che accoglie i turisti con la sua maestosa bellezza (foto di Lorenza Fiorilli)

Gioco di luci tra il Battistero, il Duomo e il Campanile (da sinistra nella foto di Lorenza Fiorilli)

Nell’istante in cui riesci, seppur a fatica, a staccare lo sguardo da tanta magnificenza nata dall’estro e dalla capacità sovraumane di artisti immortali, ti incammini verso Piazza della Signoria e lì la storia ti viene incontro, ti prende sotto braccio, ti parla dei grandi eventi vissuti dalla città di Firenze e che hanno avuto proprio in questa piazza il loro centro nevralgico.

Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria (foto di Lorenza Fiorilli)

Guarda…sembra quasi di vedere il rogo che, proprio in Piazza della Signoria,  Girolamo Savonarola impose, nel 1497, ai libri e dipinti non graditi alla  sua ortodossia, rogo sul quale lui stesso brucerà, l’anno successivo e che sancirà la fine del suo governo.

Pochi decine di metri oltre, ecco gli Uffizi, che possono essere considerati un doppio capolavoro: capolavoro come edificio e capolavoro per le opere ivi ospitate.

Lasciati gli Uffizi alle spalle ci si incammina di nuovo e si sa che lui è lì ad attenderci: lui , il ponte più antico di Firenze, lui, che è stato risparmiato dalla furia distruttrice dei nazisti e che si è salvato dalla piena disastrosa dell’Arno nel   novembre 1966.

Ecco, dunque, Ponte Vecchio le cui botteghe degli orafi che costeggiano le due ali del ponte, sono sormontate dal corridoio vasariano progettato appunto da Giorgio Vasari per consentire il passaggio da Palazzo Vecchio, in Piazza della Signoria, centro nevralgico politico-amministrativo della città, a Palazzo Pitti, dimora della famiglia dei Medici.

Particolare di Ponte Vecchio (foto di Lorenza Fiorilli)

Su Ponte vecchio le botteghe degli orafi presero il posto, dietro ordine di Ferdinando I dei Medici, delle macellerie che furono spostate altrove, in quanto il lezzo che da queste si diffondeva, era ritenuto poco consono alle attività politico-amministrative che si svolgevano nei dintorni.

Firenze da Piazzale Michelangelo (foto di Lorenza Fiorilli)

Non puoi andare via da Firenze senza aver visitato  Palazzo Pitti e il suo Giradino dei Boboli,  anche se  un degno saluto alla città lo puoi fare solo dall’alto, solo da Piazzale Michelangelo e lì…lì ti commuovi, ti commuovi per tanta bellezza, e ti immagini che per quelle stesse vie e piazze dove hai camminato, sono nati, vissuti, e hanno patito le alterne vicende politiche della città, grandi artisti come Benvenuto Cellini, Filippo Brunelleschi, Cimabue, Sandro Botticelli, Dante, Guido Cavalcanti.

Arrivederci Firenze… e grazie per questo tuffo nella storia italiana che ci hai regalato.

Alessandra Fiorilli