I Racconti di Mila e Pila- 21 Dicembre: il vecchio macinacaffé -1° Parte

 

“Come si mangia a Chicago? E’ vero, come fanno vedere nei film, che negli Stati Uniti vanno pazzi per gli hot-dog, che la gente adora mangiare durante la pausa pranzo, e per quelle ciambelle glassate?” chiede la nonna mentre sta facendo sposare tra loro la farina e le uova per preparare la sua prelibata pasta fatta a mano.

“E’ così, nonna. La seconda cosa che più mi è mancata a Chicago, dopo di te, sono stati i tuoi piatti. Una mattina sono entrata dal panettiere, che si chiama baker, e ho notato che dietro la vetrina era esposta una torta al caffè. L’ho acquistata, credendo di poter assaporare il gusto lontano di casa ma non è stato così”.

“Non ti è proprio piaciuta?” dice la nonna mentre l’aiuto a tirarsi su le maniche del vestito.

“No, non mi è piaciuta. A parte che lì il caffè è molto diverso dal nostro, loro dicono che lo fanno lungo ma secondo me converrebbe loro accorciarlo un poco, visto mai che diventa un pò più saporito!!!” rispondo io, con lo sguardo rivolto verso la credenza mentre le chiedo di poter preparare insieme la sua imbattibile torta al caffè.

Lei non riesce proprio a dirmi di no, così m’invita a prendere tutti gli ingredienti.

“Mettili sul piano della cucina, perché devo prima finire di preparare  la pasta all’uovo”.

Uova, zucchero, farina e il macinino del caffè, il compagno di tante avventure in cucina.

Indugio per un paio di minuti davanti alle ante aperte della credenza, ma non riesco proprio a vedere il vecchio macinino.

“Nonna, ma dov’è? Gli hai fatto cambiare posto, per caso?”.

La nonna non risponde subito.

“Non mi dire che l’hai buttato… no, nonna, lui era parte di noi…”

Nonna Angela lascia l’impasto a metà e pulendosi le mani, mi racconta cosa è successo al macinino da caffè.

I Racconti di Mila e Pila- 20 Dicembre: un vento un pò birbantello -3° Parte

Iniziai a raccontargli la mia storia.

“Io abito, o meglio, abitavo in un casolare di collina, insieme a mia nonna Angela e ai miei genitori che però non stavano mai con noi perché viaggiavano sempre. Da qualche settimana siamo qui a Chicago e se proprio lo vuoi sapere la prima cosa che ho pensato quando una folata di vento mi ha fatto andare negli occhi un po’ di polvere, è stata che eri proprio fastidioso…”

“Ecco, lo vedi, ho proprio ragione…” disse queste parole mentre il vento si stava piegando a metà dalla tristezza.

“Non ti preoccupare, non essere così triste. Facciamo un gioco e pensiamo a quello che di bello il vento fa per tutti gli uomini”.

“Sì, sì, dai facciamo così…” la folata sembrava contentissima e stava muovendo la sua chioma.

“Allora…vediamo…senza il vento non ci sarebbe l’impollinazione di molte piante, gli amanti del windsurf non potrebbero più andare sulle loro tavole. E poi, proprio qui vicino, ho visto che c’è una centrale eolica, è importante sai, perché così la gente può utilizzare l’elettricità senza inquinare. Quindi vedi, il tuo lavoro è prezioso, non ti abbattere!”.

Il vento sembrava più sereno di prima, però, mi confessò che gli mancava tanto suo fratello.

“Tuo fratello? E dove abita tuo fratello?” gli chiesi incuriosita.

“In Italia, ecco perché mi piacerebbe andarci. Lui sta in collina e si diverte tanto a rumoreggiare nei camini della gente e a far ondeggiare le chiome degli alberi secolari della collina lì vicina”.

M’incuriosirono le sue parole e  gli chiesi se suo fratello abitasse proprio nel paese dove sta mia nonna.

Lui si alzò di scatto dalla panchina e disse:

“Sì, allora l’hai conosciuto! Ma dimmi, dimmi, come sta? Tutto bene, ha qualche acciacco?”

“Sta bene, sta bene, non preoccuparti, è un po’ birbantello, proprio come te ma sta bene. E adesso che non sto più con la nonna mi fa piacere sapere che sia lui a tenerle compagnia nelle lunghe sere d’inverno”.

“Buffo, vero? Ci siamo incontrati per caso e abbiamo scoperto che siamo quasi parenti…” rispose il vento, il quale aggiunse:

“Dovrei chiederti una grande cortesia…”

“Dimmi pure”.

“Tanto, nessuno sentirà la mia mancanza se mi assento per una decina di minuti. Faccio un salto da mio fratello, il tempo di abbracciarlo e torno qui a Chicago.”

“E va bene, ti aspetto qui ma se proprio vai in Italia, ricordati di salutare la nonna da parte mia”.

“Agli ordini!” e in un battibaleno scomparve.

Dopo sette minuti e ventinove secondi era già di ritorno e aveva gli occhi lucidi:

“Sta bene mio fratello, ma ho avuto solo il tempo per abbracciarlo”.

“E la nonna come sta mia nonna?” gli chiesi con insistenza.

“Ha lo sguardo triste e mio fratello dice che guarda sempre le tue foto. Gli ho detto di soffiare più forte stasera nel suo camino per farla sentire meno sola”.

“Grazie, vento sei un vero amico”.

Ci alzammo dalla panchina e dopo esserci abbracciati, gli chiesi di venirmi, ogni tanto, a bussare alle grandi vetrate del soggiorno.

“Stasera io soffierò per te e mio fratello per tua nonna e così vi sentirete meno lontani”.

“ E fu così che quella notte non mi sentii poi così triste per la sua assenza, signora Mila”.

La nonna ed io ci abbracciamo proprio mentre il vento sembra gioire della nostra felicità.

 

 

I Racconti di Mila e Pila- 20 dicembre: un vento un pò birbantello- 2° Parte

“Che strano, nonna, pensa che Chicago la chiamano “Windy city”, la città del vento, perché lì il vento accompagna ogni momento della giornata e ogni stagione dell’anno”, le dico ciò tra una cucchiaiata e l’altra dell’ottimo zabaione che solo la nonna sa preparare con così tanta maestria.

“La città del vento eh…?” e mentre la nonna si allunga sulla sedia a dondolo davanti al camino, capisco che è arrivato il momento di trasformarci in Mila e Pila.

“Sa signora Mila- dico mentre mi asciugo gli angoli della bocca- mi è accaduto un fatto molto strano nella nuova città, dove adesso risiedo. Vuole che glielo racconti?”

“Certamente, signora Pila, sono tutta orecchie”, risponde la nonna.

Inizio con la mia storia fantastica.

Mentre stavo tornado a casa da scuola, una sferzata di vento freddo mi si mise davanti e cominciò a parlarmi.

“Ma le pare che non ho un attimo di tempo per me, eh? Sempre a soffiare, mattina, pomeriggio, sera, notte, inverno, primavera, estate, autunno. Guardi, guardi se uno può andare in giro così, con i capelli lunghi e incolti e con le scarpe da risuolare! E poi dopo tanto lavoro, la gente non fa altro che lamentarsi di me!!!”.

“Hanno ragione gli abitanti di Chicago, caro il mio vento, sei proprio fastidioso, non ci lasci un attimo in pace!” gli risposi mentre mi stavo mettendo seduta su una panchina.

La folata fredda si accomodò vicino a me e mentre stava sbirciando i miei libri, tenuti insieme da un elastico doppio e coloratissimo, mi disse:

“Sarei voluto tanto andare a scuola e imparare cose nuove ma da lassù mi hanno detto che avrei dovuto solo soffiare e soffiare perché ero staro assegnato a Chicago, la “Windy City”, la città del vento. Io ho cercato di protestare ma non c’è stato nulla da fare, la decisione era stata ormai presa!”.

“Ma non ti piace il tuo lavoro?” gli chiesi mentre si stava sistemando la chioma scompigliata.

“Mi piace quando in autunno, con le mie folate, le foglie secche e rosse degli alberi sembrano rincorrersi per le strade, mi piace in estate, quando la gente, in riva al lago Michigan, si stende sulla sabbia e si gode la mia brezza, ma mi dispiace dare tanto fastidio l’inverno, quando le persone devono uscire da casa tutte imbacuccate e quando con le mie sferzate di aria gelida, faccio arrossire i loro volti. Io volevo anche dare le dimissioni, ma non le hanno accettate. Sarei tanto voluto andare in Italia, una nazione meravigliosa, come dicono molti che l’hanno visitata”.

“Io vengo proprio da lì..” gli risposi mentre il vento si stava agitando contento davanti a me.

“Racconta, ti prego, racconta…”

I Racconti di Mila e Pila- 20 Dicembre: un vento un pò birbantello-1° Parte

“Certo che oggi fa proprio freddo!” penso, mentre cerco di tirarmi il più possibile il piumone vicino al viso.

Poi accendo la luce sul comodino e, con mia grande sorpresa, vedo che sul soffitto non ci sono quelle stelle blu che i miei genitori hanno voluto, a tutti i costi, dipingere con lo stencil.

No, nessuna Stella Polare, nessun Grande Carro, il soffitto, che sto fissando in questa mattina così fredda, è quello della camera che la nonna ha lasciato intatta per me nel suo casolare di collina.

“Sono da nonna Angela, sono da lei!” grido queste parole mentre scosto il piumone dal mio corpo e m’infilo le ciabatte.

Corro nella stanza della nonna ma il suo letto è già sistemato, guardo l’orologio: sono le nove e mezzo, sarà di sicuro già in cucina.

Mi precipito per le scale, sono fortunata, le ciabatte da camera non fanno rumore e così posso sorprenderla alle spalle, abbracciandola forte forte.

“Ecco la mia Ludovica!” esclama queste parole mentre anche lei mi abbraccia.

“Nonna, sai cosa mi è successo? Quando mi sono svegliata non ci stavo pensando più che ero qui da te, e quindi la gioia che ho provato ieri l’ho provata nuovamente stamattina, quando fissando il soffitto, mi sono accorta che non ero a Chicago”.

“Chicago…Chicago…non mi hai mai scritto niente su questa città, non dirmi che non ti piace?”, mi chiede la nonna mentre sta aprendo un uovo nella tazza per prepararmi l’immancabile zabaione.

“Sarebbe bella solo se ci fossi tu, nonna”.

“Non ci credo che non hai fatto amicizia con nessuno lì!”

“Amicizia…l’amicizia è una cosa importante, diciamo che ho stretto delle conoscenze…” rispondo mentre con impazienza aspetto lo zabaione.

“Parlami della tua nuova città” proprio mentre pronuncia queste parole la fiamma nel camino in pietra, s’inarca perché il vento, oggi, soffia proprio forte.

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme- 4° Parte

A qualcuno potrà sembrare sciocco, ma parlare di Mila e Pila in quell’istante del nostro incontro, significava dire che avevamo entrambe voglia di stare insieme divertendoci, come avevamo fatto ormai tante volte.

“Nonna, ti devo dire una cosa: Pila è rimasta senza la sua sciarpa a quadri rossa e senza le sue scarpe marroni con la fibbia!”.

La nonna si fa una gran risata e mi dice:

“Non ti preoccupare, da oggi in poi Mila e Pila non avranno bisogno di nulla per incontrarsi, sarà sufficiente la nostra fantasia. E poi, basta con i racconti sui nostri mariti, figli e nipoti immaginari, giacché siamo destinate a trascorrere poco tempo insieme durante l’anno, ho pensato che sia arrivato il momento di trasformare queste due strambe signore dal nome di Mila e Pila in due sagge anziane che raccontano qualcosa che rimarrà per sempre nei loro cuori. Ora sei stanca, ti preparo qualcosa da mangiare e poi ce ne andiamo a letto ma da domani, per tutte e le due settimane che passerai qui con me, ogni giorno, ci inventeremo un racconto, uno di quelli che quando entrano nell’anima non vogliono più andarsene via”.

Mi piace l’idea, ma ha ragione la nonna, sono troppo stanca e sbadigliando vado in camera mia.

A domani nonna Angela, a domani signora Mila.

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme- 3° Parte

Sono vicinissima a lei, allungo le braccia e affondo il mio viso sulle sue spalle coperte dal suo inseparabile scialle di lana grigia.

“Nonna, nonna cara….” neanche un minuto e la lana s’impregna di lacrime.

La nonna mi scosta il viso da sé, lo stringe tra le sue mani e senza dire nulla, mi accompagna dentro casa.

“Buongiorno mamma, come stai?” dicendo queste parole scontate, il papà si avvicina alla nonna.

Lei non risponde perché è troppo impegnata a guardarmi, a scrutare il mio sguardo, per fissare quest’attimo del mio ritorno a casa per sempre nella sua memoria.

“Mamma, allora, tutto bene, c’è qualcosa che non va?”

Lei non risponde e il papà non capisce il perché di tanto silenzio.

“Mamma, se non c’è nulla che devi dirmi, io vado, l’aereo partirà tra qualche ora. Sono sfinito, non ho neanche il tempo di bere un caffè”.

Si avvicina alla nonna e la abbraccia, anche lei lo abbraccia ma continua a guardare me.

“Scusaci per questo Natale ma ci è stato impossibile ottenere dei giorni di ferie. Il progetto al quale la mia equipe ed io stiamo lavorando deve essere assolutamente consegnato non oltre il 28 dicembre. Tanto, poi ci sentiamo per gli auguri. Ciao mamma, ciao Ludovica e mi raccomando comportati bene!”.

Papà si china sul volto della nonna, poi sul mio e va via, facendo entrare una folata di aria fredda.

Non ricordo per quanti minuti siamo rimaste in silenzio, a guardarci e ad abbracciarci.

“Com’è sta signora Pila?” mi chiede la nonna con uno dei suoi dolci sorrisi.

Queste parole mi fanno capire che anche a lei, come a me, in tutti questi mesi, è mancata la sua grande amica.

Mila ha sentito nostalgia di Pila non meno di come Pila abbia sentito la nostalgia di Mila.

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme- 2° Parte

Non rispondo, lo abbraccio soltanto e anche lui mi abbraccia.

Non glielo dico né glielo dirò mai, ma a voi posso svelarlo, avevo scritto:

“Mila e Pila: tra quattro giorni di nuovo insieme”.

Mio padre mi sta accarezzando i capelli, ha quella ruga in mezzo alla fronte che sembra essere diventata profondissima, si vede che è molto stanco.

“Papà sei emozionato all’idea di rivedere la nonna?”

“Ci sentiamo tute le sere” e lascia cadere lì il discorso.

“Sì, ma poter stringere una persona, abbracciarla, stringerle le mani è tutta un’altra cosa!”

“Sì, sì…”

Com’è diverso papà dalla nonna, da sua madre.

Io ho preso tutto da nonna Angela e sono proprio contenta di somigliarle così tanto perché è bello nella vita lasciarsi trasportare dalle emozioni, senza vergognarsi.

“Siamo arrivati. Vi fermo qui o volete che vi porti fino sopra il casolare?” ci chiede il tassista-pasticciere.

“Ci porti fino sopra, grazie”, dice papà.

“Ci fermi qui, grazie” dico io.

“A chi devo dare retta?” chiede il tassista.

“A lei” risponde papà che si affretta a dire al tassista di non andare via, di aspettarlo dieci minuti, il tempo di salutare la nonna e poi dovrà ricondurlo nuovamente in aeroporto, dove lo aspetta il volo di ritorno per Chicago.

Corro lungo la stradina sterrata che mi sta portando dalla nonna, la quale è lì: la vedo, proprio sull’uscio del casolare.

E’ ferma, non mi sta venendo incontro, sono io che lo sto facendo, come quando tornavo da scuola e la abbracciavo con tutta la forza di cui ero capace

I RACCONTI DI MILA E PILA-19 Dicembre: Mila e Pila di nuovo insieme-1° Parte

Nel momento stesso in cui l’aereo tocca la terra italica, non riesco proprio a trattenermi, e come gli immigrati che tante volte ho visto sui libri di storia, gridavano, alla vista della Statua della Libertà:

“America, America”, anch’io urlo la mia felicità per quello che sembra essere l’inizio di una nuova vita:

“Italia, Italia, nonna Angela, Signora Mila!!!”.

Mentre grido queste parole, sto scendendo le scalette dell’aereo e tutti si girano incuriositi verso di me e mi guardano in modo strano.

Nessuno di loro può sapere che ho fatto il conto alla rovescia, in attesa che arrivasse questo giorno, dal mese di ottobre e nessuno può nemmeno immaginare la felicità che sento nel cuore al pensiero di riabbracciare mia nonna.

“Ma cosa fai, Ludovica, ti sembra questo il modo di comportarti in pubblico?” mi chiede mio padre, usando un tono che sa di rimprovero.

“Papà sono solo felice, tutto qua!” gli rispondo con una voce troppo alta, ben oltre la norma consentita dai miei genitori.

“Le persone educate sono in grado di mantenere sempre un atteggiamento equilibrato e corretto. Il segreto è di bilanciare la nostra parte emotiva con quella razionale, proprio come si fa nelle reazioni chimiche”.

Stavolta non replico nulla, anche perché sarebbe del tutto inutile: mio padre si è brillantemente laureato in chimica farmaceutica e lavora da tantissimo tempo come ricercatore presso la più importante multinazionale del mondo, il suo lavoro ha influenzato molto, forse troppo, anche il modo di gestire le emozioni.

La nostra conversazione finisce lì, in aeroporto, non parliamo più, né mentre siamo in attesa in fila di salire sul taxi, né nell’auto guidata da un simpaticissimo uomo sulla sessantina che si mette a parlare della sua passione per la cucina, dolci in particolare.

Papà sembra non ascoltarlo proprio e guarda fuori dal finestrino.

Anch’io guardo fuori dal finestrino e alitando, com’è mio solito fare, sul vetro, scrivo sull’alone che si è formato:

“Pila non ha più le sue scarpe, né la sua sciarpa”.

Ma cancello subito quello che ho scritto perché mi accorgo che mio padre sta tentando di leggere quello parole.

“Pila? Ma chi è Pila?” mi chiede papà mentre gira nervosamente la fede con l’altra mano, segno, questo, di stanchezza e di nervosismo.

“Niente papà, Pila è un nome così…tanto per scrivere qualcosa sul vetro…” rispondo io nella speranza che il discorso finisca qui.

“Comunque Ludovica, te lo dico una volta per tutte, smettila di scrivere frasi sui vetri. Ormai sei arrivato a farlo dappertutto, persino sulle vetrine dei prestigiosi negozi al centro di Chicago. Ancora ricordo l’occhiataccia che ti ha lanciato la commessa lo scorso sabato, non ho provato mai una vergogna così grande. Ma che poi si può sapere cosa avevi scritto?” chiede papà.

Non rispondo, lo abbraccio soltanto e anche lui mi abbraccia.

I RACCONTI DI MILA E PILA-Torno dalla nonna!-3° Puntata

A me non importava niente del lago Michigan sul quale poter andar a pattinare, delle strade vestite a festa, io ero solo impaziente di poter abbracciare nuovamente mia nonna Angela.

E così è stato.

Sto preparando la valigia e penso a Pila, vestita con quella sciarpa di papà e con quelle scarpe marroni con la fibbia dorata della mamma.

“Accidenti, senza di esse come faccio a incontrare la signora Mila?”, mi chiedo.

Allora invento una scusa con i miei genitori, in modo da avere da loro quello che mi occorre.

“Mamma, papà vi voglio tanto bene. Però non ci vedremo per due settimane, e così ho pensato di portare con me in Italia un oggetto che appartiene a voi, così, se sentirò la vostra mancanza, vedendolo, potrò sentirvi vicino”.

Mamma e papà si commuovono davanti alla mia richiesta e mi chiedono cosa voglio portare con me in Italia.

“La sciarpa a quadri rossi di papà e le tue scarpe marroni con la fibbia dorata, mamma”.

La mamma aggrotta le sopracciglia e dice:

“ Quelle cose che tu mi stai chiedendo ormai vecchie e fuori moda, le ho date via proprio appena arrivata a Chicago”.

“Date via? Ma come mamma date via? Ed io come faccio eh? E Pila? Chi glielo dice adesso a Pila che non può vestirsi più?”, rispondo un po’ nervosa e un po’ preoccupata.

La mamma non capisce, non può capire, non sapendo dell’esistenza di Mila e Pila.

“Ludovica, si può sapere cosa stai dicendo? Chi è questa Pila, una persona povera alla quale avevi promesso la sciarpa di tuo padre e le mie scarpe?”, chiede mamma.

Per fortuna che in mio aiuto, anche se lui non lo sa, arriva mio padre.

“Ludovica se non ci sbrighiamo, rischiamo di perdere l’aereo”.

Apriti cielo!

 

Non m’importa più della sciarpa o delle scarpe di Pila, voglio solo precipitarmi in aeroporto per tornare, anche se solo per due settimane, da nonna Angela.

Abbraccio mia madre, prendo la valigia e salgo sull’ascensore con papà.

Qualche munito e siamo già al piano terra di questo grattacielo.

La gente è imbacuccata per bene: oggi il termometro segna -11 gradi.

Salgo sul taxi e mi giro dietro: arrivederci Chicago, torno da Mila, sono finalmente arrivate le vacanze natalizie!

 

 

 

I RACCONTI DI MILA E PILA-Torno dalla nonna!-2° Puntata

Solo, che stranamente, non pensai mai di scrivere, come quel pomeriggio di Carnevale:

“Non è giusto”, ma scrivevo sempre:

“Come sta signora Mila tutto bene?”

Quanto mi mancava Mila e quanto mancava non solo a me ma anche a Pila, che si sentiva così triste e sola.

Papà mi aveva promesso, una volta sbarcarti a Chicago, che sarei tornata presto dalla nonna, io speravo di trascorrere con lei le vacanze estive ma, poiché erano solo pochi mesi che stavamo negli Stati Uniti, la mamma pensò bene di farmi andare in uno di quei campus estivi che tante volte avevo visto in TV.

“Devi rafforzare il tuo inglese, Ludovica, le insegnanti non saranno clementi con te il prossimo anno come lo sono state quest’anno. Devi socializzare, a scuola hanno detto che sei stata sempre in disparte e che, invece di fare gruppo, ti mettevi davanti alla finestra e scrivevi qualcosa sul vetro. Ma che modi sono questi?”.

E così non potei vedere nonna Angela, quell’estate, la nostra prima estate trascorsa a Chicago.

Ma a Natale no, a Natale sarei tornata in Italia, tra le braccia di mia nonna, tra le braccia della mia Mila.

Nessun campus, niente di niente, feci il conto alla rovescia sin dal mese di ottobre e oggi…oggi è finalmente il giorno della mia partenza.

Mi accompagna mio padre perché i miei genitori devono assolutamente portare a termine, entro la fine dell’anno, un’importantissima ricerca scientifica.

E così mamma e papà trascorreranno il Natale a Chicago ed io andrò dalla nonna.

“Sicuro che non vuoi rimanere qui, i nostri colleghi hanno detto che per le festività natalizie Chicago regala un’atmosfera magica!”

Mi aveva detto queste parole mia madre, qualche giorno prima della mia partenza per l’Italia, nel tentativo, del tutto vano, di farmi rimanere con loro.