I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo. 2° Parte

Mentre ci incamminiamo verso il centro del paese, mi vengono incontro e sembrano quasi prendermi per mano, tutti quegli odori e quei sapori che, nonostante fossero mesi non li sentissi più, li riconosco subito, uno per uno non appena li avverto nell’aria.

Più ci avviciniamo al paese, più ci stringiamo nei nostri cappotti, tanto il freddo di stamattina è prepotente e vuole avvolgere ogni parte del corpo.

Ma il mio desiderio di rivedere il paese nel quale sono nata e cresciuta è più forte del freddo, supera il vento di tramontana, sfida la neve.

Eccoci qua, siamo arrivate: tutto intorno alle viuzze c’è un grande brulichio di persone indaffarate nelle ultime compere, domani si festeggerà l’arrivo dell’anno nuovo e, come sempre, ci si accorge all’ultimo minuto che in casa manca qualcosa per salutare degnamente l’anno vecchio che ci sta lasciando.

Entriamo nei negozi portando con noi l’aria fredda che sta soffiando sulla vallata sin dalle prime ore del mattino, senza tregua.

“Buongiorno signora Angela.ma vedo che c’è anche Ludovica, fatti vedere…ma come sei cresciuta….”

Ed io mi faccio vedere come chiedono loro, giro su me stessa e cerco anche di sollevare un po’ i talloni per far vedere che sono più alta di quanto non lo sia realmente.

Mi fa piacere incontrare la gente di questo paese che porterò per sempre nel cuore, anche se dovessi diventare, questo è il desiderio di mamma e papà, uno dei migliori avvocati di Chicago.

Credo proprio che non si possano mai dimenticare le proprie origini, perché ciò che siamo è la somma di tutti i frammenti di vita vissuta.

I racconti di Mila e Pila. 30 dicembre: la romantica sedia a dondolo- 1° Parte

 

Oggi scendiamo giù in paese.

Sono emozionata, perché passerò davanti alla mia scuola, quella che frequentavo quando stavo qui con la nonna.

Mi manca molto la vita di qui, mi manca che a Chicago nessuno mi chiami più per nome mentre transito per la strada affollata e sempre troppo trafficata.

E poi sento la nostalgia delle mie amiche, con le quali facevamo la passeggiata domenicale sotto l’occhio vigile di qualche mamma che camminava a 20 metri da noi.

Ma ci sentivamo ugualmente importanti perché ci telefonavamo, dopo pranzo, mettendoci d’accordo su quale vestito avremmo indossato.

Poi ci fermavamo al bar centrale del paese e se era autunno e inverno sorseggiavamo una buonissima tazza di cioccolata calda, se estate e primavera, ci sedevamo fuori, sotto gli ombrelloni bianchi e gustavamo un bicchiere di fragole alla panna o l’insuperabile gelato artigianale, gusto nocciola e cioccolato.

Sono cose, queste, che mi mancano terribilmente e che a Chicago non c’è verso di poter fare.

Siamo pronte.

Oggi tira un forte vento di tramontana che sembra tagliarci la faccia, tanto è pungente.

Ma usciamo ugualmente, ho troppo voglia di rivedere quella piazza sulla quale si affacciano ancora le vecchie botteghe artigianali.

C’è la panetteria della signora Anna, che ogni mattina regala il profumo invitante del pane cotto a legna, della pizza bianca, delle ciambelle al vino, e poi c’è il negozio di generi alimentari della signora Luigia, dove trovi del prosciutto crudo che non chiede altro che di sposarsi con una bella fetta di pane appena sfornato, e poi c’è la frutteria di Beppe, dal quale trovi solo i frutti di stagione e tutti rigorosamente del luogo.

I racconti di Mila e Pila- 29 Dicembre: la macchina da cucire a pedali e quella elettrica- 5° Parte

“Ma che c’entra, erano altri tempi, io, però ero molto brava nel mio lavoro…” disse l’anziana macchina per cucire.

“Brava… ma chi vuoi ingannare eh? L’ho sentita la tua padrona mentre una sera si stava lamentando ad alta voce del fatto che ormai il tuo ago si bloccava e faceva attorcigliare tutto il filo. Un disastro, avevi combinato un vero disastro…”.

Appena terminate di sentire queste parole, la mia fedele amica scoppiò in un pianto dirotto.

“Allora non sono proprio più utile a nessuno, combino solo guai…tanto vale…” e lasciò a mezz’aria queste parole.

“Tanto vale…” chiesi io

“Tanto vale rinchiudermi per sempre in questo mobile e non tirarmi più fuori. Anzi, questo mobile è solo d’impiccio e non serve altro che alla polvere per depositarsi. Portami giù in cantina, te ne prego” così disse la vecchia macchina per cucire, ormai senza più una speranza.

“No, non ti porto in cantina, tu rimani qui. Però…vedi tu non funzioni più tanto bene e per un’anziana donna come me, è più facile farsi aiutare da una giovane macchina per cucire, veloce e precisa. Ma non ti lascio andare via, non posso dimenticare e cancellare quei lunghi pomeriggi nei quali il rumore del tuo pedale e dell’andare su e giù dell’ago mi hanno fatto compagnia. Rimarrai qui, in questa stanza” gli dissi io.

“Ma cosa resto a fare, non sono più d’aiuto a nessuno”.

“Non è vero, sarai d’aiuto alla nuova macchina per cucire perfetta sì, ma senza anima e le insegnerai il rispetto per gli altri, per quelli più anziani, per chi ci ha preceduto. “

“Se è così, allora vado via” rispose la nuova macchina per cucire.

“Non devi offenderti, vedi nella vita non è sufficiente saper fare bene il proprio lavoro ma è necessario saper riconoscere i giusti meriti agli altri e non essere borioso, pieno di arie inutili perché il valore di un oggetto e di una persona non si misura con la quantità delle cose che sanno fare, piuttosto con l’umiltà con la quale si fanno” dissi.

La nuova macchina per cucire capì dalle mie parole di aver sbagliato e dopo aver chiesto scusa alla mia fedele compagna di tanti lavori, accettò l’idea che la vecchia macchina sarebbe stata per lei una preziosa guida per vivere”.

 

 

I racconti di Mila e Pila- 29 Dicembre: la macchina da cucire a pedali e quella elettrica- 4° Parte

“Un pomeriggio ero intenta a mettere ordine nel mio armadio quando dal piano inferiore, sentii provenire due voci, uno sembrava appartenesse a una signora anziana, l’altra a una ragazza. Mi affacciai dalla balaustra della scala interna e sentii che stavano parlando di asole, cuciture, battiture.

Scesi giù, un po’ intimorita ma poi vidi che la vecchia macchina per cucire stava battibeccando con quella nuova che avevo, appena qualche ora prima, tirato fuori dalla scatola perché dovevo fare un lavoro un po’ difficoltoso, nel quale la vecchia non avrebbe mai potuto aiutarmi.

“Ma stai zitta, tu, che di bello hai solo il mobile che ti custodisce, per il resto sei un completo fallimento, mi chiedo ancora perché mai la tua padrona non ti getti via, tra le cose ormai inutili e inutilizzate”, disse la macchina nuova con la scocca in bianco opaco.

“Ma io…io sono stata utile, poi, certo…la tecnologia è andata avanti e sei nata tu, super-accessoriata, capace di fare tutti i lavori in tempi rapidissimi ma non capisco perché devi essere così cattiva con me…” rispose la mia fedele compagna, mentre si era lasciata andare a una cascata di lacrime.

“Non ti permetto di trattare in questo modo la vecchia macchina per cucire, non se lo merita” la rimproverai mentre lei, in tutta risposta, si girò dall’altro lato per non incrociare il mio sguardo.

“Io riesco a fare cose che tu neanche immagini…” continuò la macchina nuova, indispettita dal fatto che avessi preso le difese della sua rivale.

I racconti di Mila e Pila- 29 Dicembre: la macchina da cucire a pedali e quella elettrica- 3° Parte

Da quel giorno la nuova macchina è chiusa nel suo scatolone e solo di rado la fa uscire, proprio quando le serve per qualche lavoro che la vecchia macchina non è in grado di svolgere.

Arriva la nonna con il catino pieno di panni e per aiutarla, le corro incontro per aiutarla, perché barcolla sotto il peso dei panni asciutti che ha tirato via dei fili.

“Nonna, dovresti comprare un catino più grande, rischi di perdere gli indumenti per strada altrimenti”.

“Non ti preoccupare, Ludovica, questo piccolo catino mi basta. Ora i panni sono di più perché ci sei tu ma tra qualche giorno…tu a Chicago ed io qui, nuovamente sola…” risponde la nonna che è diventata all’improvviso malinconica.

Accipicchia, non riesco proprio a stare zitta, devo sempre dire qualcosa che la fa intristire.

Mi vado a mettere in un angolo, quasi volessi da sola punirmi per ciò che ho detto.

La nonna mi vede e mi porge la mano, dicendomi:

“Signora Pila, venga con me, le racconto cosa hanno combinato, un po’ di tempo fa le due macchine per cucire, quella antica e quella nuova”.

Dalle parole della nonna capisco che è arrivato il momento di tuffarci nel mondo fantastico di Mila e Pila, e dei loro racconti di fantasia.

“Mi dica, signora Mila, sono tutta orecchie!”.

E la nonna comincia così a raccontare la storia.

I racconti di Mila e Pila- 29 Dicembre: la macchina per cucire a pedali e quella elettrica- 2° Parte

Alla nonna piaceva molto lavorare con quest’aggeggio ed io adoravo stare lì, in silenzio, a vederla cucire, mentre lei, con gli occhiali sul naso, si lasciava andare al dolce suono che il pedale regalava quando era all’opera.

Un giorno di qualche anno fa, mio padre si presentò a casa con una grande scatola tutto infiocchettata e disse alla nonna queste parole:

“Mamma, è ora di essere al passo con i tempi”, poi non aggiunse altro e si limitò a porgere alla nonna il regalo.

Lei lo aprì, con la sua solita flemma, e quando vide cos’era, rimase senza parole.

Ma non tanto per la gioia, quanto per il fatto che non riusciva a dire a papà che a lei piaceva sì cucire ma con la sua fedele macchina, quella con il pedale, quella che sapeva far risuonare quel singolare ritmo in tutta la sala.

Che cosa sarebbe stato mai usare questa nuovissima macchina da cucire con la scocca di un bianco opaco, piena zeppa di bottoncini che bastava premerli e poter far tutto?

La nonna si limitò a ringraziarlo ma papà vide che non era molta la gioia stampata sul suo volto.

“Credevo di farti una cosa gradita, mamma” disse il papà un po’ deluso dalla mancanza di entusiasmo della nonna.

“Ti ringrazio di cuore per il pensiero ma lei…beh lei è un’altra cosa…” rispose la nonna mentre gettò un’occhiata piena di affetto alla sua fedele macchina per cucire custodita in quel mobile in radica.

I racconti di Mila e Pila- 29 Dicembre: la macchina per cucire a pedale e quella elettrica- 1° Parte

29 DICEMBRE: LA MACCHINA PER CUCIRE A PEDALE E QUELLA ELETTRICA

A Chicago, nell’appartamento dove vivo con i miei genitori, non c’è nulla, né un mobile, né un oggetto qualsiasi che parli del passato.

Il casolare della nonna, invece, è zeppo di ricordi, e anche chi ormai non c’è più su questa terra, come il nonno, torna a vivere attraverso un oggetto che tanto amava e che la nonna non ha buttato ma è ancora qui, con noi.

Ecco allora i suoi straccali neri, o gli stivali di gomma nel magazzino fuori l’orto, o la fedele zappa con la quale levava i fili d’erba che crescevano attorno agli alberi del frutteto.

Ma c’è voluto del tempo per tirarle fuori, non l’abbiamo fatto subito dopo la scomparsa del nonno, perché in quei momenti era troppo forte il dolore per una persona che non c’era più.

Se volessi fare un gioco, un indovinello, ad esempio, e dire qual è l’oggetto che identifica immediatamente la nonna, tra tutti quelli che si trovano nel casolare, direi sicuramente la macchina da cucire alla quale la nonna aggiunge sempre l’aggettivo “fedele”, perché è stata in grado di aiutarla in molti lavori di cucito e non si è mai lamentata, neanche quando era costretta a lavorare anche per molte ore di seguito.

Alla nonna è sempre piaciuto usare questa macchina per cucire che è custodita in un mobile di radica ancora lucidissima che il nonno le fece costruire da un suo amico falegname.

Questo mobile sembra uno di quegli scrigni segreti che si leggono nelle favole per bambini, se lo vedi non ti accorgi che custodisce all’interno un segreto: è un parallelepipedo di legno tirato a lucido con una maniglia di ottone proprio in mezzo all’anta centrale.

Poi, però, se ci si avvicina, si nota subito che il pezzo superiore è ribaltabile e diventa un piano da lavoro, dove poter mettere i fili, le forbici, e tutto l’occorrente, mentre un altro pezzo di legno nasconde la macchina che, con un gesto rapido della mano, viene su.

L’anta, quella con il manico in ottone, serve invece a nascondere il pedale con il quale l’ago viene fatto andare su e giù sulla stoffa da cucire.

I racconti di Mila e Pila- 28 Dicembre: il ruscello canterino-5° Parte

“Signora, sta scherzando, vero? Come, lei mi chiede perché sono felice? Ma ha visto il luogo dove vivo? In mezzo alla natura che cambia con le stagioni, che si modifica con esse,, che cambia forma, che vive, palpita e che non sa cosa sia la monotonia. Chi è più felice di me…”

E ricominciò a cantare il suo ritornello.

“ Allora, se è vero ciò che dice, dovrebbero essere felici e canterini tutti i ruscelli della terra! Perché, invece, è la prima volta che incontro un ruscello così contento?” gli chiesi io incuriosita.

“Vede la mia storia è un po’ speciale, io in realtà, nasco come un ruscello triste, sempre imbronciato, invidioso per i lunghi fiumi che si gettano nell’immenso mare, per i maestosi laghi.

Io invece, ero solo un povero ruscello di collina, destinato a fare sempre il solito percorso. Poi, un giorno, sentii degli uomini parlottare tra loro: erano venuti qua perché c’era un progetto edile che prevedeva l’abbattimento di tutti gli alberi e il mio prosciugamento. La gente della vallata si mobilitò e lottò strenuamente per la difesa di questi luoghi. Alla fine, dopo mesi, i “montanari” come chiamavano questi uomini con disprezzo gli abitanti della vallata, vinsero la loro battaglia. Ma quanta paura provai nel pensarmi prosciugato e quanta tristezza nel sapere che non avrei più potuto scorrere e gettarmi dalla cascata. Allora capii l’importanza di essere un piccolo ruscello non inquinato dagli scarichi e libero di poter correre e saltare. Da allora non ho più invidiato nessuno e ringrazio il cielo ogni giorno di essere nato qui e di poter continuare a vivere in questa bellissima valle”.

Continuai il mio cammino, riflettendo sulle parole pronunciate dal ruscello e sull’importanza di apprezzare ciò che si ha, senza pensare agli altri.

 

 

 

 

I racconti di Mila e Pila- 28 Dicembre: il ruscello canterino- 4° Parte

Bene, un pomeriggio proprio mentre ero arrivata vicino al ruscello, sentii una voce squillante canticchiare un allegro ritornello.

Che strano, non c’era nessuno nelle vicinanze!

Continuai a camminare finché quella stessa vocina continuava a cantare.

“Chi è più felice di me?

No, so bene che non c’è!

Guardate la mia acqua,

felice come una Pasqua!

E sotto questo cielo

ringrazio il mondo intero!

Ringrazio il Signore

per quel ripido burrone

nel quale poi mi tuffo

facendo un gran bel tuffo!

Guardate e ascoltate

Ridete con me e non più pensate

alle cose tristi

ma sorridete e cantate, o voi tutti!”

La vocina proveniva dal ruscello, da quel piccolo ruscello che attraversa il bosco, che accarezza i sassi, levigandoli, che gorgheggia felice e che poi si butta in quel burrone, creando delle bellissime cascate naturali.

Mi avvicinai a lui e complimentandomi per la sua voce, ben intonata e impostata, e gli chiesi il motivo di così tanta felicità.

I racconti di Mila e Pila- 28 Dicembre: il ruscello canterino- 3° Parte

Ma stamattina no, non sono a Chicago, ma sto dalla nonna e il mio palato non chiede altro di poter gustare quella fetta che la nonna ha messo nel piattino di porcellana decorato a mano.

Che sapore!

E che gioia poter fare colazione in compagnia della nonna, che mi guarda estasiata in silenzio.

“Mai nessuno ha mai apprezzato le mie torte come te, Ludovica. E mi manca tanto preparartele”, dice la nonna mentre un velo di tristezza le offusca lo sguardo.

Capisco che è venuto il momento da cancellare la nostalgia dei giorni passati e che non torneranno più, allora senza perdere nemmeno un istante, mi trasformo nella signora Pila.

“Signora Mila, sono proprio impaziente nel raccontarle ciò che mi è successo un po’ di tempo fa”.

“Signora Pila, la prego, inizi” risponde la nonna a tono.

“Allora, un pomeriggio, decisi di fare una bella camminata per il bosco. Era autunno, e in questa stagione dell’anno il bosco è bellissimo. Molti pensano che possa essere triste vedere le foglie degli alberi cadere, o i rami spogli, invece a me piace questo periodo dell’anno perché la natura si spoglia di ciò che è stato e si prepara per la nuova primavera. E poi i colori delle foglie che sono incantevoli: passano dal rosso carico all’arancione tenue, dal marroncino al giallo.

 Adoro camminare e sentire il crepitio che le foglie secche producono sotto le mie scarpe. E poi mi piace giocare con i raggi del sole che s’insinuano nel bosco attraverso gli alberi che lentamente si stanno spogliando.